Presentato come il primo lungometraggio codiretto da una regista iraniana e un israeliano, Tatami è in parte film sportivo, in parte thriller politico. Durante i mondiali di judo a Tbilisi, in Georgia, l’atleta iraniana Leila (Arienne Mandi) è la sorpresa del torneo, tranne che per la sua allenatrice Maryam (Zar Amir Ebrahimi, anche regista del film). Ma è pure un problema per il governo di Teheran che vorrebbe evitare la finale con un’atleta israeliana. Un’eventuale sconfitta sarebbe un’umiliazione insopportabile, quindi Leila riceve l’ordine di ritirarsi. Guy Nattiv e Zar Amir Ebrahimi fanno un ottimo lavoro mostrando come situazioni complesse che prendono spunto da questioni politico-sociali possano alimentare efficacemente il cinema di genere, perché Tatami potrebbe funzionare bene anche solo come film sportivo, senza la pressione in più per la situazione atroce che devono affrontare l’atleta e la sua allenatrice.
Catherine Bray, Variety
Georgia / Stati Uniti 2023, 147’. In sala
“Ti piace John Wick?”, chiede un trafficante d’armi al giovane eroe all’inizio del film. È un metamomento che allude a una delle influenze più evidenti di Monkey man. Ma per fortuna non siamo di fronte a un John Wick in versione indiana. Monkey man ha un’energia sua e un motore alle spalle che vuole dimostrare la sua potenza. Quel motore è Dev Patel, autore, regista e interprete del film. La trama prende spunto dalla classica storia di vendetta – l’eroe senza nome (Kid) vuole giustizia per la morte della madre – aggiungendo ingredienti presi dalla mitologia indiana e dalla politica contemporanea. In generale dà la sensazione di qualcosa di nuovo ma, soprattutto, è divertente.
Nick de Semlyen, Empire
Stati Uniti 2023, 106’. PrimeVideo
Questo adattamento del classico anni settanta di Judy Blume, è un film dolce e fin troppo leggero su una ragazza di dodici anni, intelligente e un po’ solitaria, in ansia per l’arrivo dell’adolescenza. Il film, su cui aleggia la figura dell’autrice del romanzo, è presentato come una ricostruzione anni settanta e non come un’attualizzazione che avrebbe comportato l’aggiunta di elementi lgbt. Sospetto che un dramma originale, sempre ambientato negli anni settanta, non potrebbe permettersi di rendere invisibili i gay come fa il film.
Peter Bradshaw, The Guardian
Rakib diventa l’assistente personale di un generale in pensione che si è presentato alle elezioni municipali. Mentre il padre è in prigione, il ragazzo deve dare prova di lealtà a quest’uomo perverso, che agisce secondo i codici del paternalismo e della violenza. Venendo da una famiglia di funzionari che hanno servito sotto la dittatura e cittadino di un regime in cui l’autoritarismo è sempre in agguato, l’indonesiano Makbul Mubarak mette in discussione l’idea di autorità in un film cupo e angosciante, che sarebbe stato più efficace se l’autore, invece d’indugiare sulla psicologia dei personaggi, avesse fornito una descrizione più ampia della situazione politica e sociale del paese.
Jacques Mandelbaum, Le Monde
Regno Unito / Stati Uniti 2024, 95’. Netflix
In questo commovente dramma sportivo, il sempre dignitoso Bill Nighy e una manciata di archi narrativi combattono una formula un po’ trita. Mal, un talent scout in pensione, sta reclutando una squadra di calcetto per i mondiali dei senza tetto. Al talentuoso Vinny si uniscono un eroinomane, un disoccupato, un cleptomane e un immigrato, ognuno in cerca di riscatto. Il film è sdolcinato, ma fuori del campo funziona. Tuttavia le sequenze calcistiche che dominano il finale sono noiose in modo letale.
Kevin Maher, The Times
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