Il 29 aprile il miliardario Bidzina Ivanishvili, “presidente onorario” del partito di governo Sogno georgiano, è uscito dal suo palazzo che sovrasta Tbilisi per una rara apparizione pubblica. Esponendo i suoi piani per il paese davanti ai suoi sostenitori, nel centro di Tbilisi, Ivanishvili ha promesso di neutralizzare la “propaganda lgbt” e difendere la contestata legge sugli agenti stranieri. Il burattinaio della politica georgiana ha accusato l’occidente di essere “il partito della guerra” e ha minacciato ritorsioni nei confronti degli oppositori interni, definiti “individui senza radici” al soldo degli stranieri.

Ivanishvili ha promesso “una severa condanna, politica e legale”, per chiunque si opponga alle politiche del governo, dai partiti agli attivisti per la democrazia. Senza mostrare alcun pudore, ha ammesso che il suo partito inizialmente aveva esitato a rivelare i motivi per cui aveva deciso di attaccare a testa bassa la società civile. Ora l’ha detto chiaramente: è l’unico “strumento” in grado di sottrarre il potere a Sogno georgiano.

Ivanishvili ha riproposto il consueto sostegno di facciata al principale obiettivo che il paese si è dato, cioè l’ingresso nell’Unione europea e nella Nato, ribadendo che il paese aderirà all’Ue entro il 2030 ma lo farà mantenendo intatte la propria “dignità” e la propria “sovranità”.

Al di là di queste parole vuote, Ivanishvili ha formulato in modo esplicito il suo progetto per il paese, sottolineando che una sconfitta alle urne del suo partito implicherebbe la cessione della sovranità nazionale all’occidente, uno sviluppo – ha poi chiarito – intollerabile. Evidentemente sta preparando l’opinione pubblica alla svolta conservatrice e autoritaria a cui il suo governo lavora da tempo.

Invece di promettere le riforme istituzionali chieste dall’Unione europea, il fondatore di Sogno georgiano ha elogiato i suoi deputati, che in parlamento sono in maggioranza, per aver “protetto” il sistema istituzionale del paese, impedendo quei cambiamenti che in realtà ne avrebbero aumentato la trasparenza e avrebbero contrastato lo strapotere dell’esecutivo.

Per giustificare il sabotaggio dei negoziati con l’Unione europea, con ogni probabilità Ivanishvili ricorrerà alle teorie del complotto, accusando l’occidente di aver umiliato la Georgia: è lo stesso sistema che aveva usato per spiegare il mancato ottenimento dello status di candidato ufficiale all’ingresso nell’Unione nel 2022 (poi concesso nel dicembre del 2023).

Chiudere un occhio

Nel descrivere l’Unione europea e la Nato, Ivanishvili evidentemente attinge alla retorica del presidente russo Vladimir Putin, che, prima dell’invasione dell’Ucraina, usava comunemente l’espressione “partito della guerra” per definire il governo di Kiev. Ma i punti in comune tra i due leader vanno ben oltre la scelta delle parole. Come Putin, infatti, Ivanishvili è convinto che gli Stati Uniti controllino tutte le istituzioni che si battono contro l’autoritarismo, e crede che Washington abbia manovrato grandi mobilitazioni come la rivoluzione delle rose georgiana del 2003 e la resistenza ucraina all’invasione russa.

Di fronte alle proteste dei giovani contro la legge sugli agenti stranieri, che vanno avanti a Tbilisi da tre settimane, il governo avrebbe potuto cercare di mitigare il malcontento popolare. Ivanishvili, invece, ha mostrato di non essere interessato a parlare con gli elettori. Non ha rivolto una sola parola ai giovani, spaventati dalla prospettiva di perdere l’accesso all’Europa. Anche per questo, e nonostante le violenze della polizia, i ragazzi continuano a protestare. Al contrario, il fondatore di Sogno georgiano ha colto l’occasione per illustrare la sua politica estera, in cui il paese confermerà il suo posizionamento filoccidentale solo se l’occidente chiuderà un occhio sul suo autoritarismo crescente.

Presenti al fianco di Ivanishvili durante il discorso, i principali esponenti del governo (tra cui diversi ex dipendenti delle sue aziende) sono apparsi per quello che sono: dei semplici galoppini.

Oltre al messaggio politico autoritario e alla promessa di un allontanamento dall’occidente, Ivanishvili ha confermato che la sua visione del mondo e del paese è del tutto scollegata da quella della maggioranza dei georgiani. Tuttavia c’è ancora speranza. L’opposizione, per quanto divisa, può offrire un’alternativa. Gli occidentali, che dichiarano di sostenere la lotta del popolo georgiano per costruire un paese democratico e ricco, hanno invece il compito di illustrare quali saranno le conseguenze dell’inversione di rotta annunciata da Ivanishvili. E i georgiani, infine, potranno far sentire la loro voce nelle elezioni di ottobre, ma anche con le proteste attuali. Ivanishvili ha gettato la maschera e ha fugato ogni dubbio. La Georgia è davanti a un bivio: da una parte c’è la difesa della libertà per cui generazioni di georgiani hanno combattuto e sono morti; dall’altra la scomparsa della democrazia e il baratro della dittatura. ◆ as

OC Media (Open Caucasus Media) è un sito d’informazione indipendente georgiano. Si occupa della regione del Caucaso.

Da sapere

◆ La Georgia è governata dal 2012 dal partito populista Sogno georgiano, fondato nello stesso anno dall’imprenditore miliardario Bidzina Ivanishvili. Primo ministro dal 2012 al 2013, nel 2021 Ivanishvili ha lasciato tutti gli incarichi politici ufficiali, ma è rimasto il leader di fatto del partito, oltre che presidente onorario, ed è considerato la figura che detta la linea al governo, guidato dal premier Irakli Kobakhidze.

◆ A Tbilisi, la capitale della Georgia, da tre settimane proseguono le proteste contro la legge che impone alle ong e ai mezzi d’informazione finanziati dall’estero di registrarsi come “agenti stranieri”. Ricalcato sul modello di una legge approvata in Russia nel 2012 e usata dal Cremlino per reprimere il dissenso e mettere a tacere la società civile, il provvedimento era stato presentato nel febbraio del 2023 dal governo di Sogno georgiano e poi ritirato per le proteste dei cittadini. Riproposto in parlamento ad aprile, potrebbe essere approvato definitivamente entro la fine di maggio. Come denunciano i manifestanti, l’approvazione della legge allontanerebbe la Georgia dal percorso d’integrazione nell’Unione europea. OC Media


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Questo articolo è uscito sul numero 1562 di Internazionale, a pagina 35. Compra questo numero | Abbonati