Nell’aprile 2023 è stato lanciato in orbita un satellite grande come un forno a microonde. Il suo obiettivo è preparare l’apertura di miniere sugli asteroidi. Anche se ha avuto vari problemi, la missione, organizzata dall’azienda AstroForge, è una delle iniziative che sperano di fare soldi con le risorse del cosmo. I materiali estratti nello spazio si potrebbero usare in molti modi: gli asteroidi contengono metalli come il platino e il cobalto, impiegati rispettivamente nei dispositivi elettronici e nelle batterie delle auto elettriche.

Sono sostanze presenti in abbondanza sulla Terra, ma negli asteroidi ce ne potrebbero essere concentrazioni più alte, e quindi più facili da estrarre. Alcuni inoltre ritengono che l’estrazione nello spazio potrebbe ridurre l’impatto ambientale delle miniere sul nostro pianeta e aprire a nuovi orizzonti possibili: e se il ghiaccio spaziale potesse essere usato per produrre il propellente dei razzi? E se la polvere spaziale servisse per costruire alloggi per gli astronauti e schermi antiradiazioni?

Alcune aziende si erano già poste obiettivi simili in passato, ma quei tentativi di qualche anno fa sono falliti. Da allora, però, “l’interesse in questo campo è esploso”, spiega Angel Abbud-Madrid, direttore del Centro per le risorse spaziali della Colorado school of mines, negli Stati Uniti.

Al momento gran parte dell’attenzione è rivolta alla Luna, dove vari paesi hanno in programma di costruire basi permanenti che avranno bisogno di rifornimenti. La Nasa, per esempio, vorrebbe costruire campi base per gli astronauti entro il prossimo decennio, mentre la Cina si prepara a creare una stazione di ricerca internazionale.

Ma l’attrattiva delle rocce spaziali resta comunque forte. Il contesto economico è molto migliorato grazie al calo del costo dei lanci, e lo stesso vale per il quadro normativo, dato che alcuni paesi hanno approvato leggi che autorizzano esplicitamente l’attività mineraria spaziale. Ma solo il tempo dirà se queste iniziative riusciranno dove le precedenti hanno fallito.

Ottimismo incrollabile

Un’azienda che vuole estrarre risorse dagli asteroidi ha bisogno di un ingrediente fondamentale: l’ottimismo. Dev’essere convinta di poter fondare una nuova industria lontano dal nostro mondo. “Non molti esseri umani sono capaci di ragionare in questo modo”, spiega Matt Gialich, cofondatore e amministratore delegato della Astroforge. Dopo la missione dimostrativa del 2023, l’azienda non ha fatto nessun progresso concreto.

Gialich e gli altri imprenditori del settore sperano di trovare metalli del gruppo del platino, che si usano in apparecchi come i convertitori catalitici per ridurre le emissioni inquinanti dei motori. Sostanze come il platino e l’iridio sono essenziali nell’elettronica. Potrebbero servire anche alle tecnologie verdi, per esempio per produrre batterie al platino, che hanno una capacità maggiore e si potrebbero usare nei veicoli elettrici e nei sistemi di stoccaggio dell’energia.

Molti ritengono che l’estrazione di materiali nello spazio possa essere un modo per diminuire la pressione sulle risorse della Terra

La missione di Astroforge trasportava un carico simulato di materia prima e un sistema di raffinazione, e voleva dimostrare che la lavorazione dei metalli nello spazio è possibile.

Ma le cose non sono andate come previsto. Dopo il lancio, infatti, è stato difficile identificare il satellite in mezzo a decine di altri appena lanciati. I pannelli solari che dovevano fornirgli energia non si sono attivati subito, e ci sono stati problemi di comunicazione. Procedere con la raffinazione simulata si è rivelato impossibile. Presto la Astroforge lancerà una seconda missione, con un obiettivo diverso: raggiungere un asteroide e scattare una foto. La rilevazione potrebbe aiutare a capire quali materiali preziosi ci sono su un determinato asteroide.

Un’altra azienda, la TransAstra, vende un telescopio e un software per rilevare oggetti come gli asteroidi mentre si muovono nel cielo. L’azienda cinese Origin Space ha messo in orbita un satellite per l’osservazione degli asteroidi e lo sta usando per testare tecnologie minerarie. La statunitense Karman+ ha in programma di raggiugnere un asteroide nel 2026 per collaudare attrezzature di scavo.

Per raggiungere l’obiettivo finale di estrarre metalli dalle rocce spaziali, la TransAstra, la Karman+ e la AstroForge hanno raccolto in totale decine di milioni di dollari di investimenti privati.

Ma un’altra azienda con obiettivi simili, chiamata semplicemente Asteroid Mining Corporation, non vuole affidarsi troppo ai finanziatori esterni. Questa dipendenza infatti ha contribuito al fallimento delle iniziative precedenti. Il suo fondatore, Mitch Hunter-Scullion, ha deciso di concentrarsi in un primo momento su applicazioni terrestri che possano avere un rendimento immediato, in modo da finanziare i futuri progetti spaziali. Nel 2021 la Asteroid Mining Corporation ha avviato una collaborazione con il laboratorio di robotica spaziale dell’università di Tohoku, in Giappone, per lavorare allo sviluppo di robot spaziali.

Il risultato è un robot a sei gambe chiamato Space Capable Asteroid Robotic Explorer, o Scar-E. Progettato per funzionare in condizioni di gravità molto debole, può muoversi su una superficie irregolare e raccogliere dati e campioni. Nel 2026 la Asteroid Mining Corporation vorrebbe compiere una missione dimostrativa analizzando il suolo della Luna.

Al momento, però, Scar-E resterà sulla Terra a ispezionare gli scafi delle navi, un’attività che secondo un sito specializzato ha un giro d’affari globale da 13 miliardi di dollari. Il mercato dell’estrazione mineraria sugli asteroidi, invece, ammonta a zero dollari, dato che nessuno ha ancora scavato su un asteroide.

Questa attività terrestre potrebbe garantire un reddito costante, sia prima sia durante l’estrazione spaziale. “Tutte le aziende intenzionate a scavare sugli asteroidi sanno che i fondi si esauriscono, gli investitori si stancano e bisogna trovare un’altra soluzione”, spiega Hunter-Scullion. “La mia opinione è che se non hai costruito qualcosa che funziona sulla Terra non riuscirai mai ad aprire una miniera su un asteroide”.

Ian Lange è convinto che le attività collaterali come le ispezioni delle navi siano il “gin” dell’estrazione nello spazio. Molte distillerie vogliono produrre whisky, ma per farlo servono anni di invecchiamento in barile. “Il gin invece è pronto subito”, spiega Lange, economista della Colorado school of mines, negli Stati Uniti. Il gin può tenere a galla un’azienda fino a quando il whisky è pronto per essere imbottigliato. La Astroforge invece scommette che l’estrazione sugli asteroidi sarà possibile abbastanza presto da non aver bisogno di gin.

Preoccupazioni ambientali

Sotto certi aspetti le condizioni economiche sono migliori rispetto a decenni fa. I razzi sono molto più economici. Ma altre questioni sono più complicate. Per esempio, sottolinea Lange, non c’è carenza di risorse sulla Terra: “Non è che ci manca il litio. Il problema è che per diversi motivi non ne è consentita l’estrazione”. Spesso questi motivi sono legati a preoccupazioni ambientali.

Molti ritengono che l’estrazione di materiali nello spazio possa essere un modo per ridurre la pressione sulle risorse del pianeta. È un argomento che risulta valido soprattutto se consideriamo la necessità di estrarre minerali per le tecnologie verdi, come la produzione di idrogeno combustibile (che richiede iridio) e quella di automobili a celle a combustibile (che usano il platino). Sugli asteroidi ci sono concentrazioni maggiori di metalli come il nichel, il cobalto e il ferro, perché i giacimenti più ricchi non sono ancora stati sfruttati, a differenza di quelli sulla Terra.

Il sistema giuridico ha diversi punti deboli. Non è chiaro cosa significhi esattamente svolgere un’attività mineraria in modo “responsabile”

Ma anche l’estrazione spaziale ha un impatto ambientale. Lanciare razzi, per esempio, comporta l’emissione di gas serra. Inoltre l’estrazione nello spazio produrrebbe scarti e detriti che continuerebbero a fluttuare nel vuoto.

Lontano dal cuore

Per affrontare questi problemi, nel 2019 alcuni ricercatori hanno proposto che gran parte del Sistema solare sia considerata territorio protetto, in modo simile alle riserve naturali sulla Terra. Secondo gli scienziati limitare lo sfruttamento a un ottavo delle risorse cosmiche potrebbe scongiurare il ripetersi degli effetti dannosi che l’estrazione sregolata ha avuto sul nostro pianeta. Nel 2012 i ricercatori dell’università del New South Wales, in Australia, hanno messo a punto un sistema per valutare l’impatto ambientale di un ipotetico progetto minerario spaziale, basandosi su fattori come la quantità di polvere che verrebbe sollevata.

Ma sembra difficile che per gli asteroidi scoppino proteste simile a quelle suscitate da altri progetti, come lo sfruttamento dei fondali oceanici. Uno studio del 2022 ha rivelato che l’opinione pubblica è largamente favorevole all’estrazione mineraria sugli asteroidi, a prescindere dall’appartenenza politica o dalle preoccupazioni per l’ambiente.

“La gente è molto più favorevole all’idea di scavare sugli asteroidi piuttosto che ad altre forme di attività mineraria non convenzionale, come quelle sui fondali oceanici, in Antartide o nella tundra dell’Alaska”, spiega Matthew Hornsey, primo autore dello studio e professore dell’università del Queensland. “Per gli asteroidi non sono state sollevate le stesse obiezioni etiche suscitate da altri progetti minerari. Gli intervistati non sarebbero molto preoccupati”. Anche le persone che di solito si oppongono agli scavi per motivazioni ambientaliste hanno espresso la stessa posizione, sottolinea Hornsey, probabilmente perché preferiscono sfruttare gli asteroidi che rovinare la Terra.

Ma il discorso cambia quando si parla della Luna. Le persone intervistate per lo studio, infatti, si sono dette fortemente contrarie all’attività mineraria sul nostro satellite, a volte ancora di più che in regioni ecologicamente sensibili della Terra. “La Luna è visibile, è bella ed è associata alla purezza e alla spiritualità”, sottolinea Hornsey. “Capisco perché sentano di doverla proteggere più degli asteroidi”.

A prescindere dai vantaggi e svantaggi ambientali, per compiere il grande passo verso le miniere spaziali serviranno con ogni probabilità nuove limitazioni sulla Terra (per esempio vincoli ambientali più severi) che rendano l’attività mineraria spaziale più conveniente di un altro buco nel nostro suolo.

Eppure, sottolinea Lange, “non è chiaro fino a che punto sarà possibile ridurre i costi per fare concorrenza all’estrazione dei minerali terrestri”. È solo una scommessa che i nuovi ottimisti sperano di vincere.

La prova dei fatti

Rispetto al decennio scorso sono cambiate molte altre cose: prima di tutto le aziende hanno a disposizione una maggiore quantità di dati. Le ultime missioni della Nasa hanno fornito nuove informazioni sulla composizione e la struttura degli asteroidi.

Anche le leggi sono cambiate, sottolinea Melissa de Zwart, che insegna diritto spaziale dell’università di Adelaide, in Australia. La mancanza di regole, spiega de Zwart, è stato uno dei motivi per cui i primi progetti sono falliti: all’epoca, infatti, non esisteva una struttura giuridica che stabilisse esplicitamente la legittimità dell’attività mineraria spaziale.

Oggi, invece, paesi come Giappone, Emirati Arabi, Lussemburgo e Stati Uniti hanno adottato leggi che stabiliscono i diritti delle aziende e degli stati sulle risorse spaziali. Gli Stati Uniti inoltre hanno promosso gli accordi Artemis per regolare l’attività sulla Luna. Molti paesi hanno accettato questi princìpi, tra cui la garanzia che gli scavi lunari rispettino il Trattato sullo spazio extra-atmosferico del 1967, il testo internazionale che regola l’esplorazione spaziale e dunque anche l’attività mineraria, anche se è stato approvato molto prima che le miniere spaziali fossero considerate possibili.

Il trattato non le vieta, ma stabilisce una serie di regole. “Gli Stati Uniti non possono andare sulla Luna, piantare una bandiera e cominciare a scavare”, spiega de Zwart. Tuttavia potrebbero estrarre materiale – come il ghiaccio o le rocce metalliche – dalla Luna o da un asteroide e ottenerne il possesso. Il trattato inoltre stabilisce che i paesi sono responsabili per le azioni delle loro aziende private e che la loro attività deve portare benefici per l’umanità.

Ma questo sistema ha diversi punti deboli: per esempio non è chiaro cosa significhi esattamente svolgere un’attività mineraria in modo “responsabile”. Al momento si sta discutendo in particolare dell’aspetto logistico. L’International space resources governance working group dell’Aja ha prodotto una serie di spunti per sviluppare linee guida internazionali. Anche le Nazioni Unite hanno creato un gruppo di lavoro per occuparsi dell’argomento.

Gli accordi e i trattati saranno messi alla prova al primo colpo di piccone, non sugli asteroidi ma sulla Luna, dove gli esseri umani faranno i prossimi passi. “Nel momento in cui si comincia a parlare di una presenza permanente, bisogna pensare alle risorse”, sottolinea Abbud-Madrid.

Le rilevazioni sulla Luna sono già una realtà. A dicembre del 2020 la Nasa aveva già firmato contratti con quattro aziende incaricate di raccogliere piccole quantità di materiale dalla superficie lunare per avere una prima verifica della fattibilità degli scavi.

L’agenzia non ha un programma simile per gli asteroidi, ma i pionieri delle miniere spaziali continuano a cercare tesori, anche se i profitti appaiono molto lontani. Sono convinti che la Terra abbia bisogno di quello che lo spazio ha da offrire, e che pagherà profumatamente per averlo.

Almeno questa è la versione ottimistica. “Succederà di sicuro”, garantisce Gialich. “E spero che noi saremo i primi”. ◆ as

Questo articolo è stato pubblicato su Undark.

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Questo articolo è uscito sul numero 1567 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati