Sarà eliminato l’emendamento al decreto antiterrorismo approvato ieri dalle commissioni difesa e giustizia della camera, che consentiva di entrare nei computer dei cittadini in caso di reati commessi per via digitale. Lo ha chiesto e ottenuto il premier Matteo Renzi, perché il tema è “delicato” e deve essere affrontato all’interno del provvedimento sulle intercettazioni.
Il decreto antiterrorismo, presentato dal ministro Angelino Alfano per “rafforzare gli strumenti di prevenzione delle nuove minacce terroristiche, anche di matrice internazionale”, era stato approvato dal consiglio dei ministri il 10 febbraio.
Il 24 febbraio è arrivato sul tavolo delle commissioni per l’esame, che si è concluso ieri, e oggi è in discussione alla camera.
La modifica eliminata prevedeva le “intercettazioni da remoto” su autorizzazione del magistrato attraverso l’uso di “captatori informatici” (come il malware Trojan) che permettono la violazione dei computer da parte di terzi, in questo caso le autorità giudiziarie o di sicurezza.
Il senatore di Scelta civica Stefano Quintarelli ha spiegato i problemi dell’introduzione di questo sistema sul suo blog:
(il metodo) è controverso in tutti i paesi democratici per una ragione tecnica: con quei sistemi compio una delle operazioni più invasive che lo Stato possa fare nei confronti dei cittadini, poiché quella metodologia è contestualmente:
un’ispezione (art. 244 c.p.p.), una perquisizione (art. 247 c.p.p), un’intercettazione di comunicazioni (266 c.p.p.), un’acquisizione occulta di documenti e dati anche personali (253 c.p.p.).
Anche Antonello Soro, presidente del Garante per la protezione dei dati personali, ha criticato gli emendamenti “che alterano il necessario equilibrio tra privacy e sicurezza”. In particolare, l’articolo che porta a due anni il termine di conservazione dei dati di traffico telematico e delle chiamate senza risposta, senza distinzione di reato. Ansa, Governo.it
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