Dopo quasi due mesi di negoziati con i leader della coalizione e con i membri del suo stesso partito, Benjamin Netanyahu è pronto a varare il suo nuovo governo. Alle 19 il quarto governo Netanyahu chiederà la fiducia e giurerà di fronte alla Knesset, il parlamento d’Israele. Nella storia di Israele la formazione di un governo non era mai durata tanto.
Il Likud, il partito di centrodestra del premier, il 17 marzo scorso aveva vinto in maniera netta le elezioni israeliane, conquistando 30 seggi, contro i 24 dell’Unione sionista, una lista di centro sinistra composta dal Partito laburista di Isaac Herzog e dai centristi dell’Hatnuah di Tzipi Livni. Dell’attuale maggioranza in parlamento e della coalizione governativa fanno parte il Likud con 30 seggi, il partito dei coloni Casa ebraica (HaBayit HaYehudi) che ha ottenuto 8 seggi, la formazione di destra laica Kulanu con 10, e i movimenti ultraortodossi dello Shas (7) e Giudaismo unito nella Torah con 6 seggi.
Il primo ministro potrà così contare su una maggioranza di 61 seggi, su un totale di 120. Avigdor Lieberman, leader del partito di estrema destra Israel Beitenu ed ex ministro degli esteri, aveva già annunciato di non voler far parte della coalizione governativa. Già primo ministro nel 1996, nel 2009 e nel 2013, Netanyahu sarà premier per la quarta volta di un governo spostato molto più a destra del precedente, di cui facevano parte anche ministri centristi delle formazioni Yesh Atid e Hatnuah.
Il premier, che vorrebbe un governo di 20 dicasteri, per dare spazio a tutti e cinque i partiti della coalizione, è riuscito a far approvare in parlamento il 13 maggio, con 61 voti a favore e 59 contrari, la proposta di aumentare il numero dei dicasteri, fissato a 18, e la reintroduzione dei ministri senza portafogli. La quota dei ministeri che andrà al Likud dovrebbe essere di 12 contro gli 8 da dividere tra gli altri partiti della maggioranza.
Per Netanyahu è stato difficile riuscire a trovare un accordo tra i suoi stessi compagni di partito. Il ministero degli esteri, a cui aspiravano diversi personaggi di spicco del Likud tra cui Gilad Erdan e Silvan Shalom, verrà invece tenuto da Netanyahu. Con la strada verso il ministero degli esteri sbarrata, Gilad Erdan, Yuval Steinitz e Silvan Shalom hanno rivolto le loro mire verso il ministero dell’interno. Moshe Yaalon sarà invece riconfermato ministro della difesa.
Tre i dicasteri che andranno agli alleati del partito dei coloni, Casa ebraica: a Naftali Bennet, già ministro dell’economia, andrà l’istruzione, la giustizia andrà a Ayelet Shaked, Uri Ariel sarà invece ministro dell’agricoltura. Cinque i seggi da dividere tra Shas, Giudaismo unito nella Torah e Kulanu. Polemiche intorno alla figura di Aryeh Deri, leader di Shas, che nel 2000 fu condannato a 3 anni di prigione per frodi, tangenti e abuso d’ufficio, e a cui il primo ministro ha promesso il dicastero dell’economia. Nonostante non ci siano impedimenti legali per cui Deri non possa svolgere l’incarico, molti credono che questo possa danneggiare la reputazione del governo e aprire una vera e propria questione morale.
Nei giorni scorsi era stata avanzata l’ipotesi che Netanyahu volesse tenere per sé il ministero degli esteri per poi tentare di coinvolgere il leader laburista, ma la voce è stata smentita dallo stesso Isaac Herzog. “Non sarò il tappabuchi di Netanyahu, non gli farò da stampella”, ha fatto sapere lui, “il suo governo non potrà funzionare, è un fallimento. Condurremo in parlamento un’opposizione combattiva”.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it