“Salite le scale come fate abitualmente. Arrivate in cima. Non vi girate a guardare, perché potreste pentirvi. Chiudete gli occhi, fate un respiro e lasciatevi cadere all’indietro”. Lo dice la protagonista di uno dei video che promuove la legalizzazione dell’aborto in Cile. La donna spiega come interrompere la gravidanza, buttandosi giù per le scale. Il filmato fa parte di una serie di tutorial realizzati per sensibilizzare l’opinione pubblica e sollecitare il congresso cileno ad approvare una legge che permetta alle donne di abortire in caso di complicazioni mediche o violenze sessuali.
In Cile vige l’assoluto divieto di aborto, introdotto nel 1989, durante la dittatura del generale Augusto Pinochet. Una legge che è sopravvissuta al regime militare, anche se già nel 1931 il Cile aveva legalizzato l’aborto per motivi di salute. E che oggi viene messa nuovamente in discussione, in una delle società più conservatrici dell’emisfero occidentale. Il paese ha detto “sì” al divorzio solo nel 2004 e all’inizio di quest’anno il congresso ha riconosciuto le unioni civili per le coppie omosessuali. Tuttavia, in materia di aborto, il Cile rimane uno dei sette paesi dell’America Latina che ne limita l’accesso completamente, insieme a El Salvador, Repubblica Dominicana, Nicaragua, Honduras, Haiti e Suriname.
Il tema non è discusso solo in Cile. Martedì 26 maggio il parlamento peruviano ha rigettato una proposta per legalizzare l’interruzione di gravidanza dovuta a violenze sessuali. La questione è stata al centro del dibattito anche in Paraguay, dove all’inizio di maggio è stata negata la possibilità di abortire a una ragazzina di dieci anni, che sarebbe stata violentata dal patrigno.
In Cile l’attenzione sul tema è stata riaccesa dalla pubblicazione su Youtube dei video dell’organizzazione non governativa “Miles”, nell’ambito della campagna #LEYabortoTERAPEUTICO. “Quando siete a un incrocio, state attente al semaforo giallo: le macchine aumentano sempre la velocità per non fermarsi al rosso. Quando la luce passa dal verde al giallo, buttatevi”, consiglia una donna a chi voglia interrompere una gravidanza. E conclude: “Dopo aspettate che arrivi un’ambulanza, gridando e piangendo”.
L’iniziativa è stata promossa per sostenere la proposta della presidente cilena Michelle Bachelet, presentata nel gennaio del 2015, di consentire l’interruzione di gravidanza quando la donna è in pericolo di vita, ha subito abusi o se il bambino non ha possibilità di sopravvivere. Il progetto di legge incontrerà molti ostacoli in parlamento. Il Cile, infatti, è un paese profondamente cattolico, dove la chiesa detiene un forte potere di influenza: attivisti e gruppi politici anti abortisti costituiscono una lobby difficile da sconfiggere.
Per la legge cilena solo l’aborto spontaneo non è considerato reato. E il numero di quelli illegali è alto. Si stima che siano almeno 120mila all’anno gli aborti procurati clandestinamente in tutto il paese. Alcune donne ricorrono al farmaco misoprostolo, comprandolo sul mercato nero, oppure seguono i trattamenti convenzionali in segreto. Chi può, invece, va all’estero.
In un altro filmato, una donna spiega che basta seghettare con un coltello i tacchi delle scarpe per provocare un aborto accidentale: “Indossale ed esci per una passeggiata. Quando arrivi vicino a un idrante, ruota il piede, concentra il peso del tuo corpo sulla scarpa in modo che il tacco si rompa. E cadi sull’idrante, colpendolo forte con la pancia”.
Un sondaggio realizzato nel 2014 sottolinea che il 70 per cento dei cileni intervistati è a favore dell’aborto quando la gravidanza è causata da stupri o comporta problemi gravi per il feto e quando la salute della donna è a rischio. La ricerca, effettuata dal Centro di studi pubblici, considera le risposte di 1.442 persone raccolte nell’arco di circa due mesi e ha un margine di errore di tre punti percentuali.
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