Un mese dopo l’annuncio della firma dell’accordo di pace in Mali, il 20 giugno anche i ribelli tuareg hanno siglato il testo. La mancata adesione dei rappresentanti della Coalizione dei movimenti dell’Azawad (Cma) indeboliva notevolmente l’intesa, che era stata negoziata per mesi e ufficializzata il 15 maggio a Bamako dal governo e da alcuni gruppi armati attivi nel nord del Mali e più vicini all’esecutivo. I rappresentanti della Cma, composta dai gruppi tuareg e jihadisti che dal 2012 destabilizzano la parte settentrionale del paese, avevano chiesto discussioni supplementari per firmare l’accordo negoziato, perché secondo loro il testo non dava abbastanza spazio alle loro rivendicazioni. L’accordo di Algeri, dal nome della città in cui è stato negoziato, ha l’obiettivo di riportare la stabilità nel paese, a lungo segnato dalle ribellioni dei tuareg e dalla presenza di gruppi legati ad Al Qaeda.
Cosa prevede l’accordo
- Saranno create assemblee regionali, elette a suffragio universale diretto, dotate di alcuni poteri delegati dal governo centrale.
- Non sarà concessa né autonomia né federalismo al territorio del nord, come chiedevano i gruppi ribelli.
- Tra le concessioni fatte ai ribelli ci sono l’inclusione dei combattenti in una forza di sicurezza per il nord e una migliore rappresentanza nelle istituzioni.
- Le milizie vicine al governo, riunite nella cosiddetta Piattaforma, si ritireranno dalla città di Menaka.
- Il governo cancellerà i mandati di arresto per quindici leader della Cma.
- Saranno realizzati nuovi programmi per la sicurezza e lo sviluppo della regione dell’Azawad.
Le rivendicazioni dei ribelli
I ribelli tuareg combattono per l’indipendenza dei territori sahariani del nord del paese, a cui hanno dato il nome di Azawad, rivendicandoli come la culla della loro identità. I tuareg accusano il governo di Bamako di averli trascurati a favore dei territori del sud. A partire dagli anni novanta hanno dato avvio a una serie di rivolte in nome della terra e dei diritti culturali, che è durata fino a oggi nonostante gli interventi militari e diplomatici del governo. L’insurrezione si è rafforzata nel 2007 e si è inasprita ancora di più in seguito alla guerra civile in Libia nel 2011, che ha favorito l’arrivo di armi nel paese. Ad aprile del 2012 il Movimento nazionale per la liberazione dell’Azawad (Mnla) ha dichiarato unilateralmente l’indipendenza dei territori del nord, approfittando del vuoto di potere dopo il colpo di stato del marzo dello stesso anno.
Il ruolo dei jihadisti
Approfittando della confusione seguita al golpe, il ramo sahariano di Al Qaeda, che aveva stretto un’alleanza con i tuareg, ha conquistato alcuni territori dove ha imposta la legge islamica. Ha inoltre partecipato all’offensiva contro il governo. Nel marzo del 2012 i jihadisti hanno preso il controllo di Kidal, la capitale dell’omonima regione, e di Gao, mentre all’inizio di aprile hanno conquistato Timbuctù.
Dopo alcuni mesi jihadisti e tuareg hanno cominciato a scontrarsi tra loro e l’Mnla, sostenuto dalla popolazione locale, ha cercato di riprendere il controllo di alcuni territori e ha avviato dei colloqui di pace con il governo. A novembre i paesi della Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Cédéao) hanno deciso di lanciare una missione per riprendere il controllo dei territori del nord, ma nel corso dei preparativi, durati diversi mesi, l’avanzata dei jihadisti non si è fermata. La crisi ha spinto il governo di Bamako a chiedere l’intervento militare della Francia, l’ex potenza coloniale.
L’intervento francese e la missione delle Nazioni Unite
A gennaio la Francia ha lanciato l’operazione Serval, su mandato dell’Onu. L’intervento di sostegno militare e logistico alle forze maliane aveva l’obiettivo di ristabilire la sovranità di Bamako nei territori del nord. L’aviazione francese ha bombardato le postazioni dei jihadisti per spianare la strada all’esercito maliano e in seguito sono stati schierati sul terreno circa cinquemila soldati francesi. In pochi giorni sono state riconquistate Gao e Timbuctù.
La missione dell’Onu di stabilizzazione nel Mali (Minusma) è stata istituita con una risoluzione del consiglio di sicurezza nell’aprile del 2013 ed è rimasta attiva sul terreno anche in seguito alla conclusione dell’operazione Serval, nel luglio del 2014. I caschi blu sono stati regolarmente presi di mira dai jihadisti. La Minusma è la missione che ha subìto le perdite maggiori tra le sedici missioni di mantenimento della pace dell’Onu in tutto il mondo. Sono 36 i caschi blu morti in Mali, mentre altri duecento sono stati feriti.
Oggi il nord del Mali continua a essere colpito da sporadici episodi di violenza e proseguono le incursioni dei gruppi jihadisti nella regione. Secondo le Nazioni Unite, circa 140mila i profughi maliani vivono fuori dal loro paese.
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