Nel 2030 la Grecia dovrà fare i conti con un debito pubblico insostenibile, anche se dovesse accettare il pacchetto di riforme e di nuove tasse che le chiedono i creditori. Lo rivelano alcuni documenti riservati, redatti dai tre principali creditori di Atene (Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale e Unione europea).

I documenti confermano la tesi del governo greco, secondo cui il paese ha bisogno di una riduzione sostanziale del debito per ottenere una ripresa economica duratura. Anche se la Grecia registrasse una crescita robusta e ininterrotta per i prossimi 15 anni, il debito pubblico resterebbe a un livello considerato insostenibile dal Fondo monetario internazionale.

Il debito sarebbe ancora al 118 per cento del pil nel 2030, anche se il governo accettasse il pacchetto di tasse e tagli alla spesa pubblica richiesto dai creditori in queste ore.

La stima dell’Fmi (la più realistica) parla di un debito che sarebbe ancora al 118 per cento del pil nel 2030, anche se il governo accettasse il pacchetto di tasse e tagli alla spesa pubblica richiesto dai creditori in queste ore. È una cifra di gran lunga superiore a quel 110 per cento del pil, fissato nel 2012 come obiettivo di sostenibilità dall’Fmi. Il debito pubblico greco è attualmente al 175 per cento del pil e il rapporto è destinato ad aumentare a causa della recessione.

Secondo le indiscrezioni rivelate dai documenti, in questo scenario sono necessarie “concessioni sostanziali” per migliorare le probabilità della Grecia di liberarsi definitivamente dal problema del debito.

Anche nel migliore dei casi, cioè con una crescita del 4 per cento all’anno per i prossimi cinque anni, il debito greco scenderebbe appena al 124 per cento del pil nel 2022. Questo scenario ottimista presuppone tra l’altro che le privatizzazioni producano 15 miliardi di euro d’incassi, una stima cinque volte superiore rispetto all’ipotesi più realistica.

Secondo tutte le stime, che danno per scontato un terzo piano di salvataggio, la Grecia non ha alcuna possibilità di raggiungere l’obiettivo della riduzione del debito “al di sotto del 110 per cento del pil nel 2022” fissato dall’Eurogruppo nel novembre del 2012.

Pensionati davanti a una sede della banca centrale di Atene. (Alkis Konstantinidis, Reuters/Contrasto)

Per dirla con le parole dei creditori: “È evidente che le incertezze degli ultimi mesi hanno reso irraggiungibili gli obiettivi fissati nel 2012”.

Queste proiezioni sono tratte dal rapporto Preliminary debt sustainability analysis for Greece, uno dei sei documenti mandati alla Grecia venerdì 26 giugno, di cui fa parte anche la proposta “finale” dei creditori.

I documenti sono stati ottenuti dalla Süddeutsche Zeitung e sono stati esaminati anche dal Guardian, dopo essere stati inviati a tutti i parlamentari tedeschi in vista dell’approvazione di un accordo con la Grecia da parte del parlamento.

Il voto al Bundestag, però, non ha mai avuto luogo perché il primo ministro greco Alexis Tsipras ha respinto il piano e ha indetto un referendum per il 5 luglio.

Gli analisti sottolineano il fatto che la Grecia ha già beneficiato di una serie di misure per la riduzione del debito (le scadenze rinviate, gli interessi applicati simili a quelli per i paesi indebitati e, nel 2012, la rinuncia da parte dei creditori a circa cento miliardi di debito). Tuttavia il documento osserva che per migliorare le prospettive sul debito greco servirebbero “concessioni rilevanti”.

Nonostante i creditori abbiano ammesso che la Grecia ha bisogno di una riduzione del debito, nel documento non è spiegato come sarebbe strutturato un simile pacchetto. E non viene presentano alcun dettaglio di un terzo piano di salvataggio, che però viene dato per scontato. In sostanza i creditori promettono un’analisi più dettagliata della sostenibilità del debito.

Inoltre i documenti analizzano il pacchetto di investimenti per 35 miliardi di euro che diversi governi (incluso quello tedesco) hanno sostenuto di aver offerto alla Grecia la scorsa settimana.

Il secondo documento, intitolato Reforms for the completion of the current programme and beyond, mostra che l’offerta di aiuti era inferiore rispetto a quanto sostenuto dal presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker e dal vicecancelliere tedesco Sigmar Gabriel.

Il denaro offerto non rappresenta un investimento ad hoc, ma solo un finanziamento europeo che è disponibile per tutti gli stati membri. Come sottolinea la Süddeutsche Zeitung, per poter beneficiare dei fondi è necessario un cofinanziamento del 15 per cento nel caso della Grecia, che naturalmente non può permetterselo. Per questo motivo Atene non ha potuto accedere ai 38 miliardi di euro disponibili per il periodo 2007/2013.

Il terzo documento sottolinea le “necessità finanziarie e analizza il programma di pagamento legato al completamento della quinta revisione”, spiegando in che modo la Grecia avrebbe dovuto ricevere 15 miliardi per rispettare le scadenze fino alla fine di novembre. Il denaro sarebbe stato consegnato in cinque tranche a partire da giugno (non appena il parlamento greco avesse approvato le proposte) per coprire le necessità della Grecia. Tuttavia il 93 per cento dei fondi sarebbe servito per pagare i costi del debito per la durata dell’estensione.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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