La guerra in Iraq ha causato quasi 15mila vittime civili e 30mila feriti in un anno e mezzo, nel periodo compreso tra gennaio 2014 e aprile 2015. Lo sostiene un’inchiesta dell’Onu, pubblicata oggi e ripresa dal Guardian.
Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, il gruppo Stato islamico, che ormai controlla gran parte del nord e dell’ovest del paese, ha commesso crimini di guerra, crimini contro l’umanità e in alcuni casi genocidio.
Stando al rapporto, nell’ultimo anno e mezzo (fino al 30 aprile scorso) più di 2,8 milioni di persone sono state costrette ad abbandonare la propria casa. Tra queste circa 1,3 milioni di bambini.
L’Iraq, secondo l’Onu, sta attraversando la sua crisi più grave dal ritiro delle truppe statunitensi nel 2011. Il gruppo Stato islamico controlla la città di Mosul, nel nord del paese, e gran parte della provincia di Al Anbar, anche se le truppe irachene hanno riconquistato terreno negli ultimi mesi.
Il gruppo jihadista fino al 30 aprile 2015 ha fatto prigioniere tra le 3.000 e le 3.500 persone, tra cui molte donne e bambini, soprattutto della minoranza yazida, sottoponendole a violenza fisica, sessuale e psicologica. Lo Stato islamico ha compiuto anche diverse esecuzioni pubbliche, soprattutto a Mosul. Tra le comunità religiose più perseguitate dai jihadisti, oltre agli yazidi, ci sono stati i cristiani.
Anche se l’indagine si è concentrata soprattutto sullo Stato islamico, l’Onu ha dichiarato di aver ricevuto diverse segnalazioni di violazioni dei diritti umani anche da parte dell’esercito iracheno, delle forze internazionali, delle milizie locali e della Mobilitazione popolare, una forza composta da combattenti di decine di milizie sciite che contrasta lo Stato islamico. Tra i crimini commessi ci sarebbero gli omicidi di diverse persone, in particolare tra le comunità sunnite, sospettate di sostenere i jihadisti.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it