Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker e il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan si sono incontrati a Bruxelles e hanno trovato un accordo per proporre un piano di finanziamento per i campi profughi in Turchia da presentare al vertice dei leader europei il 15 ottobre.
In Turchia vivono circa due milioni di siriani fuggiti dal conflitto in corso nel loro paese. Di questi circa 300mila sono ospitati nei campi di accoglienza, mentre gli altri si sono stabiliti nelle città del paese. Tuttavia molti di loro cercano di raggiungere i paesi dell’Unione europea per trovare migliori condizioni di vita.
Le proposte dell’Unione europea
La Commissione ha deciso di mandare esperti europei in Turchia per discutere i dettagli del piano. Juncker ha chiesto a Erdoğan di rinforzare i controlli alle frontiere, per combattere il traffico di esseri umani, e di accogliere i migranti irregolari che vengono respinti in Turchia dai paesi dell’Unione. In cambio gli europei potrebbero finanziare nuovi campi profughi in Turchia. I campi saranno attrezzati per identificare i migranti e i richiedenti asilo e per aiutarli nel processo di presentazione della domanda di asilo. L’Europa si è detta disponibile ad accogliere una quota di richiedenti asilo siriani in base a un sistema di quote.
Il piano che verrà proposto il 15 ottobre potrebbe comprendere anche un progetto di collaborazione con la Turchia per pattugliare lo spazio marittimo che la separa dalla Grecia. Il mar Egeo costituisce una delle frontiere esterne dell’Unione europea e della zona Schengen. Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere, dovrebbe coordinare un’operazione congiunta di Atene e Ankara per pattugliare l’Egeo e rimandare le imbarcazioni dei trafficanti di esseri umani in Turchia. L’agenzia ha chiesto ai paesi membri dell’Unione di mettere a disposizione 775 nuovi funzionari.
Quest’anno 370mila persone sono arrivate nei paesi dell’Unione passando per la Grecia. Ma solo il 4 per cento è stato registrato nel paese, e le forze dell’ordine non dispongono degli strumenti necessari a prendere le impronte dei migranti.
Le richieste di Erdoğan
Il presidente di Ankara ha chiesto che i cittadini turchi possano ricevere il visto per viaggiare in Europa con più facilità. Inoltre vorrebbe che l’Unione europea riconoscesse la Turchia come “paese terzo sicuro”, cioè come un paese dove “sulla base dello status giuridico, dell’applicazione della legge all’interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che non ci sono generalmente e costantemente persecuzioni, né tortura o altre forme di pena o trattamento disumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”. Inserire la Turchia nella lista dei paesi terzi sicuri significherebbe ignorare le politiche di repressione adottate dal governo turco nei confronti dell’opposizione, della minoranza curda del paese, dei manifestanti e degli organi d’informazione critici verso l’operato del Partito per la giustizia e lo sviluppo (Akp) del presidente Erdoğan.
Il 1 novembre del 2015 si terranno le elezioni politiche anticipate in Turchia. Sono state indette il 24 agosto, dopo il fallimento di tutte le trattative per formare un governo di coalizione da parte dell’Akp che è il primo partito del paese, ma non ha ottenuto la maggioranza di seggi necessaria per governare da solo. Se Erdoğan dovesse ottenere quello che ha chiesto all’Unione europea, l’Akp ne uscirebbe rafforzato in vista del voto.
L’intervento in Siria
Erdoğan ha anche parlato di eventuali interventi in territorio siriano per limitare l’arrivo dei profughi. Il presidente turco ha indicato tre misure da prendere: addestrare ed equipaggiare le forze ribelli che si oppongono al regime di Bashar al Assad, istituire un’area chiusa al traffico aereo sopra il confine turcosiriano e organizzare una zona cuscinetto nel nord della Siria. Il presidente del parlamento europeo Martin Schulz ha detto che creare una zona cuscinetto necessiterebbe “una decisione del Consiglio di sicurezza dell’Onu”.
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