La corte dei conti del Brasile (tribunal de contas da união, Tcu) ha considerato irregolare il bilancio statale per l’anno 2014 presentato dalla presidente Dilma Rousseff. Si tratta della prima volta in cui la magistratura contabile respinge la finanziaria del governo dal 1937. Dopo questa decisione, l’opposizione vuole che si proceda con l’incriminazione della presidente.

I giudici hanno stabilito all’unanimità che Rousseff, in piena campagna elettorale per il suo secondo mandato, ha manipolato la finanziaria dell’anno scorso in modo da nascondere la crescita del debito. In effetti, è stata rieletta, anche se dopo dieci mesi la sua popolarità è al minimo storico.

I magistrati contabili contestano al governo di aver utilizzato fondi derivanti da prestiti concessi dalle banche pubbliche per nascondere i buchi del bilancio. Il governo ha replicato di non aver fatto nulla di illegale e di essersi attenuto alle linee di precedenti bilanci.

La decisione della corte dei conti non è legalmente vincolante. I giudici manderanno le motivazioni della sentenza al congresso e i deputati dovranno votare se avallarla, respingendo la finanziaria del 2014, oppure no, salvando Rousseff. Se l’aula vota per bocciare i conti presentati l’anno scorso dal governo, potrebbe poi imputare la presidente (che in Brasile è anche a capo dell’esecutivo) per il falso in bilancio.

Ieri un altro tribunale brasiliano, la corte elettorale, aveva autorizzato l’apertura di un’inchiesta sulle presunte irregolarità commese dalla Rousseff durante la campagna per la sua rielezione a fine 2014. Un’indagine che in teoria potrebbe condurre all’invalidazione del voto e alle elezioni anticipate. Il partito di opposizione (Psdb) sostiene che alcune donazioni fatte per finanziare la campagna della presidente erano legate allo scandalo di corruzione della Petrobras, l’azienda energetica brasiliana, guidata dalla Rousseff proprio nel periodo durante il quale la compagnia ha perso oltre due miliardi di dollari.

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