Seduto dietro a una scrivania malconcia, nella sede della sua campagna elettorale, nella città meridionale di Minya, Bahaa Fikry incarna il passato dell’Egitto.
Un tempo burocrate provinciale nel partito di Hosni Mubarak, prima che la rivolta del 2011 sull’onda delle primavere arabe sottraesse a entrambi il loro potere, Fikry ha buone possibilità di rappresentare anche il futuro dell’Egitto, qualora dovesse ottenere un seggio nelle elezioni parlamentari di questo mese.
“Quando le cose sono cambiate mi sono detto: ‘Ben venga il cambiamento’. Quello che m’interessa è che i miei figli vivano meglio di me… Ma poi mi sono accorto che il paese stava andando verso il baratro”, dichiara Fikry. “A questo punto l’Egitto ha bisogno di noi, o di me in particolare”.
Le elezioni avranno luogo in due turni, tra il 17 e il 19 ottobre e tra il 22 e il 23 novembre. In teoria il primo parlamento egiziano a essere eletto negli ultimi tre anni dovrebbe avere un potere considerevole. Ha l’autorità per mettere in stato d’accusa il presidente, per interrogare il primo ministro e per revocargli la fiducia. Tutte le leggi inoltre devono essere approvate dall’assemblea.
Ma dopo che la principale formazione d’opposizione, i Fratelli musulmani, è stata dichiarata fuorilegge e i suoi dirigenti sono stati imprigionati insieme ai giovani attivisti in prima linea nella rivolta del 2011, è probabile che l’assemblea sarà piena di sostenitori dell’ex generale divenuto presidente, Abdel Fattah al Sisi, più interessato al ritorno dello status quo che alla costruzione di una nuova democrazia.
L’Egitto è privo di un parlamento dal giugno 2012, quando un tribunale ha dissolto la camera principale, vanificando uno dei principali risultati delle rivolte che avevano posto fine ai trent’anni di potere di Mubarak e acceso le speranze in un cambiamento economico e politico.
L’anno successivo Al Sisi ha spodestato il presidente eletto Mohamed Morsi, leader dei Fratelli musulmani, in seguito alle proteste contro il suo governo. Al Sisi ha ottenuto la benedizione di altre forze d’opposizione sulla base di un piano d’azione militare che prometteva di riportare l’Egitto su un cammino democratico.
Nel 2014 Al Sisi è riuscito a farsi eleggere presidente e ora le elezioni parlamentari, a lungo rimandate, sono la fase finale di un processo che, secondo le voci critiche, è andato nella direzione sbagliata.
Il nuovo parlamento sarà composto da 568 rappresentanti, 448 dei quali scelti su base individuale e 120 attribuiti alla coalizione vincente con sistema maggioritario.
Bahaa Fikry è stato segretario generale del Partito democratico nazionale (Ndp), oggi scomparso, nella provincia meridionale di Minya fino alla dissoluzione del partito nel 2011. È la prima volta che si candida, ma tra le molte persone che stanno facendo campagna elettorale nelle nove circoscrizioni di Minya ci sono 23 ex parlamentari dell’Ndp.
È probabile che avranno dei buoni risultati in una regione povera in cui tradizionalmente hanno sempre dominato le persone ricche o dotate dei contatti necessari a garantire l’accesso alla sanità, l’istruzione e ad altri servizi.
“Queste non sono vere elezioni. Abbiamo visto persone di ogni sorta candidarsi, soprattutto ex appartenenti all’Ndp, perlopiù imprenditori che cercano di comprarsi un posto nel nuovo parlamento”, afferma Khaled Dawoud, che si è dimesso dal ruolo di portavoce del partito liberale Destour dopo una crisi interna.
In assenza dei Fratelli musulmani, ormai etichettati come un’organizzazione terroristica, il partito Al Nour offre al governo un paravento per poter sostenere che è garantita la rappresentanza degli islamisti. Il partito si è schierato a favore dell’allontanamento di Morsi e ha promesso di limitarsi a un’opposizione “rispettosa”, perdendo così molta credibilità. Secondo gli analisti difficilmente ripeterà il successo del 2011-2012, quando arrivò secondo dopo i Fratelli musulmani.
I partiti socialisti e liberali più piccoli, tra i quali Destour, si sono spaccati in seguito a dispute interne e hanno boicottato il voto o sono stati bloccati da onerose procedure burocratiche, lasciando così nella corsa elettorale solo alcuni sparuti oppositori.
Con lo scioglimento delle liste d’opposizione è emersa come forza principale Per amore dell’Egitto, una coalizione di gruppi lealisti. Sameh Seif Elyazal, l’ex funzionario dei servizi segreti che guida la coalizione, sostiene che cercherà di formare un’alleanza in grado di guidare l’assemblea.
In assenza di un parlamento, Al Sisi si è attribuito l’autorità legislativa, approvando alcune leggi che gli oppositori considerano liberticide.
La costituzione impone che il parlamento approvi o respinga queste leggi entro due settimane dalla sua formazione. Con così tante leggi da discutere, ai deputati verrà fatta pressione affinché approvino automaticamente tutte le leggi per evitare una crisi costituzionale. Selif Elyazal è favorevole a questo approccio.
Ma la preponderanza d’indipendenti e l’assenza di un partito al potere in grado di sostituire l’Ndp potrebbe rendere i negoziati più difficili per il governo.
“Sarà difficile mettere insieme una maggioranza. Potrebbe essere una seccatura per il governo. I singoli deputati saranno incentivati a creare confusione o ad assicurare vantaggi a chi li ha eletti”, spiega Nathan Brown, professore alla George Washington University negli Stati Uniti.
“È probabile che il risultato appaia ostruzionista e corrotto”, prosegue Brown, facendo riferimento alla legge elettorale messa a punto quest’anno, che favorisce i singoli candidati rispetto ai partiti.
Si diffondono già ipotesi secondo le quali la costituzione, approvata dopo un referendum che si è tenuto tra l’allontanamento di Morsi e l’elezione di Al Sisi, verrà emendata per diminuire i poteri del parlamento.
Una cosa su cui i politici di tutti gli schieramenti concordano è che difficilmente l’affluenza raggiungerà il 35 per cento
A una settimana dal voto le strade sono piene di manifesti elettorali, ma le persone non sembrano farci caso.
Da tempo tra molti egiziani si è diffusa una certa stanchezza elettorale. Pochi sono stati i frutti dei ripetuti richiami alle urne dopo le esaltanti giornate del 2011. Una cosa su cui i politici di tutti gli schieramenti concordano è che difficilmente l’affluenza raggiungerà il 35 per cento.
“Tutto questo non ha senso. Se avessi un problema, qualcuno di questi candidati lo risolverebbe? No. Non ho mai visto un parlamentare nemmeno calmare una rissa per strada. Sono tutti un disastro e non faranno niente per noi”, sostiene Mohamed Abdel Ghaffar, un giovane meccanico della città mediterranea di Alessandria.
Mentre il sole comincia a calare sull’Alto Egitto, gli agricoltori, con i loro lunghi abiti, arano il terreno fertile sulle rive del fiume bordate di palme. Qui bambini scalzi condividono le strade polverose con gli asini che spingono carretti carichi di latte e zucchero di canna. Gli abitanti si lamentano di ospedali non sufficientemente attrezzati e della scarsa alfabetizzazione, retaggio di decenni di trascuratezza.
Il cambiamento è forse più importante per le persone del sud dell’Egitto e ci sono dei candidati disposti a portarlo avanti nonostante i loro legami con il passato.
Poco più che trentenne, il funzionario di polizia Hassanein Abou Almakarem si è dimesso per potersi candidare. Proviene da una nota famiglia locale e suo zio è stato deputato per oltre trent’anni. Eppure è contrario ai tentativi d’indebolire il parlamento.
“Il partito unico non esiste più. Il governo dovrà formarsi attraverso una coalizione. I prossimi deputati non avranno paura di nessuno poiché non sono stati portati lì da un governo, ma soltanto dal popolo”, dichiara. “Qualsiasi passo in avanti, per quanto debole, è comunque un cambiamento nella giusta direzione”.
(Traduzione di Federico Ferrone)
Questo articolo è stato pubblicato dalla Reuters.
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