Il sindaco di Roma Ignazio Marino ha tempo fino al 2 novembre per ritirare le sue dimissioni, presentate ufficialmente il 12 ottobre. Ma cosa succederebbe se il sindaco dimissionario di Roma decidesse di ritirare le dimissioni, come ha fatto intendere il 25 ottobre durante una manifestazione con i suoi sostenitori in piazza del Campidoglio? In questo caso si possono aprire tre scenari.
Il primo scenario è quello in cui il sindaco convoca il consiglio comunale per comunicazioni urgenti e ritira in quella sede le sue dimissioni: in quel caso la decisione non sarebbe sottoposta al voto del consiglio. Ma, come ha ribadito il presidente del Partito democratico (Pd), Matteo Orfini, il Pd potrebbe presentare una mozione di sfiducia nei confronti del sindaco.
Tuttavia, affinché il consiglio comunale possa sfiduciare il sindaco, è necessario avere la maggioranza più uno dei voti e dunque 25 in totale. Anche se il Pd votasse compatto la mozione di sfiducia, i suoi 19 consiglieri non sarebbero sufficienti e dovrebbero votare insieme ai consiglieri di Forza Italia, Fratelli d’Italia o Movimento 5 stelle. Però, non tutti i consiglieri del Pd e di Sel sembrano disposti ad appoggiare la mozione di sfiducia.
Quindi, per la maggioranza si aprirebbe il problema politico di votare una mozione di sfiducia insieme all’opposizione.
Il secondo scenario prevede le dimissioni del consiglio comunale in segno di sfiducia: poiché serve sempre la maggioranza più uno, occorrerebbero 25 consiglieri disposti a dimettersi. Perciò dovrebbero presentare le dimissioni i consiglieri del Pd, ma anche quelli dell’opposizione.
Il terzo scenario è quello proposto da chi suggerisce di far restare in carica la giunta fino a dicembre per poi respingere il bilancio in aula. Questa mossa porterebbe comunque al commissariamento del comune.
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