Il sindaco di Roma Ignazio Marino ritira le dimissioni presentate il 12 ottobre. L’ex chirurgo, eletto al Campidoglio nel 2013, ha firmato oggi la lettera in cui comunica questa decisione al consiglio comunale. I consiglieri del Partito democratico (Pd) si sono riuniti con il commissario del partito romano Matteo Orfini, nella sede nazionale di via del Nazareno. E ora? Che succede? Tre scenari possibili.
Ho deciso di ritirare le dimissioni presentate lo scorso 12 ottobre
— Ignazio Marino (@ignaziomarino) October 29, 2015
Mozione di sfiducia
I due quinti dei consiglieri, quindi 19 su 48, presentano una mozione di sfiducia e chiedono la convocazione dell’assemblea capitolina alla presidente Valeria Baglio per la discussione generale e il voto. Per essere approvata – e quindi costringere il sindaco alle dimissioni – la sfiducia deve essere ovviamente votata dalla maggioranza assoluta del consiglio: è necessario l’appoggio di 25 consiglieri sui 48 che compongono l’assemblea. Anche se il Pd votasse compatto la mozione di sfiducia, i suoi 19 consiglieri non sarebbero sufficienti. Inoltre, non tutti i consiglieri del Pd e di Sel (che con i suoi quattro eletti ha sostenuto la giunta di Marino) sembrano disposti ad appoggiare la mozione di sfiducia. Quindi per il Pd si aprirebbe il problema politico di avallare la mozione di sfiducia insieme all’opposizione, cioè con Forza Italia (tre consiglieri), Fratelli d’Italia (due) o Movimento 5 stelle (quattro), per arrivare alla soglia dei 25 voti necessari per fare cadere il sindaco.
Dimissione in massa
Il secondo scenario prevede le dimissioni del consiglio comunale in segno di sfiducia e consente di evitare il voto in aula: occorrerebbe cioè che almeno 25 consiglieri si recassero all’ufficio protocolli per ufficializzare contemporaneamente le proprie dimissioni dall’assemblea capitolina. Anche in questo caso, ammesso che i consiglieri del Pd restassero uniti nell’opporsi a Marino, non avrebbero i numeri a sufficienza per farlo cadere senza l’appoggio di qualche altro gruppo consiliare.
Bocciare il bilancio
Il terzo scenario è quello proposto da chi suggerisce di far restare in carica la giunta fino a dicembre per poi respingere il bilancio in aula. Questa mossa porterebbe comunque al commissariamento del comune.
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