Il presidente egiziano Abdul Fattah al Sisi ha smentito un coinvolgimento del gruppo Provincia del Sinai, militanti islamici affiliati ai jihadisti dello Stato islamico, nel disastro dell’Airbus A321 della compagnia russa Kogalymavia, precipitato nel Sinai il 31 ottobre, con 224 persone a bordo.

Subito dopo la tragedia, la Provincia del Sinai aveva dichiarato di aver abbattuto l’aereo con dei missili, in risposta ai bombardamenti russi in Siria. In un’intervista alla Bbc, Al Sisi ha detto che la rivendicazione dei jihadisti è solo propaganda. Gli esperti dubitano che il gruppo islamico possieda i mezzi per abbattere un aereo di linea. Il direttore dei servizi segreti della difesa statunitense (Dia) James Clapper ha dichiarato che sebbene la pista terroristica non sia stata ancora esclusa, non ci sono prove a carico di questa ipotesi.

Un componente della squadra che sta analizzando la scatola nera del velivolo – formata da esperti egiziani e russi, specialisti tedeschi e francesi della Airbus, e tecnici irlandesi (l’aeromobile era stato registrato in Irlanda) – ha riferito all’agenzia di stampa Reuters che l’aereo non è stato colpito dall’esterno. La stessa fonte ha anche detto che il pilota non ha lanciato alcun allarme prima che l’aereo scomparisse dal radar. Lunedì, in una conferenza stampa, Alexander Smirnov, vicepresidente di Kogalymavia, aveva sostenuto che l’aereo è esploso in aria a causa di “un’attività esterna” e aveva escluso il guasto tecnico e qualsiasi errore da parte dell’equipaggio.

A bordo del volo, partito da Sharm el Sheikh alle 5.51 ora locale (le 4.51 in Italia) e diretto a San Pietroburgo, in Russia, c’erano 224 persone (217 passeggeri e sette membri dell’equipaggio) e nessuna è sopravvissuta. Le salme di 196 passeggeri sono state portate a San Pietroburgo e nove sono già state identificate.

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