I peshmerga curdi sono entrati a Sinjar, nella provincia irachena settentrionale di Ninive, e hanno preso il controllo di parte della città in un’offensiva contro il gruppo Stato islamico condotta con l’appoggio delle forze aeree statunitensi. Massud Barzani, presidente del Kurdistan iracheno, ha annunciato la riconquista della città in una conferenza stampa sul monte che la sovrasta.
I peshmerga hanno innalzato la loro bandiera nella zona orientale, ma il portavoce del Pentagono, il colonnello Steven Warren, ha detto che solo una parte della città è passata sotto il controllo delle forze curde. Hanno partecipato all’offensiva anche centinaia di combattenti yazidi, della minoranza religiosa non musulmana originaria della zona che è stata protagonista di un vero e proprio esodo dopo la presa di Sinjar da parte dei jihadisti.
President @masoud_barzani addresses the people of Sinjar following success of Operation #FreeSinjar. pic.twitter.com/tXbH2SIlut
— KR Security Council (@KRSCPress) 13 Novembre 2015
Una città in posizione strategica. Sinjar, conquistata dai jihadisti nell’estate del 2014, è considerata fondamentale dal punto di vista strategico per il passaggio degli approvvigionamenti tra le due roccaforti del gruppo Stato islamico, Mosul, in Iraq, e Raqqa, in Siria. La conquista della città permetterà di bloccare il commercio di petrolio portato avanti dai jihadisti per finanziarsi. Lo Stato islamico ha organizzato un complesso sistema di gestione dei giacimenti petroliferi nella Siria orientale e in Iraq, e di trasporto del greggio: la “rotta del petrolio”, che collega proprio Raqqa e Mosul passando per Sinjar.
L’esercito iracheno ha condotto oggi un’altra offensiva contro il gruppo Stato islamico, questa volta nella città di Ramadi, circa 110 chilometri a ovest di Bagdad.
Il genocidio degli yazidi. La regione intorno a Sinjar è abitata dalla minoranza yazida, che costituisce meno dell’1,5 per cento della popolazione irachena. Nei primi tre mesi in cui la città è stata sotto il controllo del gruppo Stato islamico più di 800mila persone sono state deportate. Oggi non ci sono quasi più esponenti delle minoranze religiose nella provincia di Ninive.
Centinaia di persone sono state uccise e più di cinquemila donne yazide sono state rapite, stuprate e ridotte in schiavitù. Secondo un rapporto del Centro Simon-Skjodt per la prevenzione dei genocidi, diffuso il 12 novembre dal museo dell’Olocausto di Washington, gli yazidi sono stati vittime di un vero e proprio genocidio. È la prima volta che l’istituzione statunitense prende una posizione simile dal 2004, quando dichiarò che le violenze contro la popolazione del Darfur, in Sudan, erano un caso di genocidio.
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