Il 6 e il 13 dicembre si voterà per il rinnovo dei consigli regionali nella Francia continentale, in Corsica – che ha lo status di collettività territoriale, assimilabile a quello di una regione – e nei territori d’oltremare (tranne che in Mayotte). Inizialmente previste nel marzo scorso, quando si tennero le elezioni provinciali (o dipartimentali), sono state poi rinviate a dicembre per via della riforma delle regioni metropolitane introdotta da una legge del 16 gennaio 2015. In questo modo, la durata del mandato dei futuri consiglieri, in origine di sei anni, sarà ridotta di nove mesi, fino al prossimo rinnovo previsto per marzo del 2021.
Dopo gli attentati. Il voto si svolgerà in un contesto molto particolare: meno di un mese dopo gli attentati del 13 novembre a Parigi. La campagna elettorale, dopo un periodo di sospensione, ha dovuto adattarsi allo stato di emergenza in vigore in tutto il paese. Il primo ministro Manuel Valls, per esempio, non farà che una sola apparizione, rispetto alle otto inizialmente previste. Il dibattito politico locale ha d’altronde lasciato spazio a temi nazionali come il terrorismo e la sicurezza. In tutto sono coinvolti 21.500 candidati per una media di 13 liste depositate per ogni regione.
Le nuove regioni. Dal primo gennaio 2016, le 22 ex regioni della Francia metropolitana (compresa la Corsica) diventeranno tredici (sette delle quali sono il risultato di fusioni). In tutto, saranno eletti 1.910 consiglieri regionali e territoriali: 1.671 nelle nuove regioni metropolitane e 51 per l’assemblea della Corsica, 41 consiglieri regionali in Guadalupa, 45 a Réunion, 51 consiglieri territoriali in Guyana francese e altrettanti in Martinica (in Mayotte non si vota). Il numero totale dei candidati che spettano a ogni regione è attribuito in base all’importanza demografica dei suoi dipartimenti.
Come funziona il sistema elettorale. I consigli regionali sono eletti con suffragio universale diretto, con un sistema di attribuzione dei seggi misto tra proporzionale e maggioritario. Al primo turno, per vincere, serve la maggioranza assoluta. Se ciò accade, ai vincitori vengono assegnati in blocco un quarto dei seggi (in Corsica un sesto), mentre il resto viene ripartito proporzionalmente tra tutte le liste o coalizioni, compresa la vincitrice, che abbiano ottenuto almeno il 5 per cento.
Come funziona il secondo turno. Se nessuno ottiene la maggioranza assoluta, si passa al ballottaggio la settimana successiva tra le liste che hanno superato il 10 per cento (il 7 in Corsica). Le liste tra il 5 per cento e il 10 per cento hanno tre giorni per trovare un accordo con una lista che si è qualificata e coalizzarsi: se ciò non accade, anche queste sono eliminate. A questo punto ci sono diversi scenari possibili: un duello tra candidati, una corsa a tre, il ritiro di uno dei candidati o la fusione tra le liste di due candidati, allo scopo di ostacolarne una terza. Al vincitore viene quindi assegnato in blocco un quarto dei seggi (in Corsica un sesto), mentre i restanti tre quarti sono suddivisi proporzionalmente tra le liste che abbiano ottenuto almeno il 5 per cento.
I protagonisti
Il Partito socialista. Dal 2010, la sinistra guida 21 delle 22 regioni metropolitane e questo numero è destinato a diminuire drasticamente. Dopo il 2012, da quando è stato eletto all’Eliseo François Hollande, i problemi sono sempre gli stessi:
- La divisione. Dall’arrivo di Manuel Valls al governo, ciò che resta della coalizione ambientalista Europe Ecologie Les Verts preferisce allearsi con il Front de gauche (gli ex comunisti) che con il Ps. Anche se parte al governo di 21 regioni su 22, la sinistra si è presentata in ordine sparso. Certo, grazie al sistema elettorale, sono possibili fusioni di liste e nuove alleanze tra i due turni, ma la divisione tra partiti rischia di essere penalizzante come successe alle dipartimentali, la primavera scorsa.
- Dopo gli attentati del 13 novembre, uno dei temi che stanno approfondendo la spaccatura tra la sinistra di governo e i quarti del Partito socialista è la cosiddetta déchéance de nationalité, ossia il ritiro della nazionalità francese ai jihadisti con doppio passaporto di ritorno dal fronte siriano.
- Il paradosso di Hollande. Dal 2012 con l’assenza di risultati tangibili del governo, è cresciuta la delusione dell’elettorato di sinistra che alimenta sempre di più le file dell’astensione. Il ritorno di popolarità del capo dello stato dopo gli attentati del 13 novembre non dovrebbe migliorare la situazione. Contrariamente alle speranze dei socialisti, infatti, l’unità nazionale intorno al capo dello stato non sembra poter contribuire a una mobilitazione dell’elettorato e, secondo gli ultimi sondaggi, le liste del Ps dovrebbero perdere consensi.
Il Front national. La destra xenofoba e populista si preannuncia già come grande vincitrice di questa tornata elettorale perché il dibattito finora si è tutto concentrato sui suoi progressi e il suo radicamento nel territorio. Marine Le Pen al nord (nella regione Picardia-Nord-Pas-de-Calais) e sua nipote Marion Maréchal Le Pen al sud (Provenza-Alpi-Costa Azzurra), potrebbero riuscire a vincere al ballottaggio. E in molte regioni, come in Borgogna Franca Contea o in Linguadoca-Rossiglione-Midi-Pyrénées, il Fn è dato in testa già al primo turno. Persino in Bretagna, il Front national sta registrando notevoli progressi.
Desistenza e future alleanze. Il premier Manuel Valls sta cercando di gettare le basi di un accordo di desistenza con la destra al ballottaggio, per impedire la vittoria del partito di Le Pen. “È fuori discussione permettere che il Front national vinca anche solo una regione”, ha dichiarato in ottobre il premier durante un’intervista radiofonica, che ha scatenato un grande dibattito nella sinistra del paese e diverse critiche dall’opposizione dei vertici del Partito socialista che si rifiutano di partire già perdenti.
L’ex presidente. La discussione sulle ipotesi di desistenza o fusione a destra sembra invece già chiusa. “Manterremo le nostre liste ovunque saremo in grado di farlo”, ha dichiarato Nicolas Sarkozy. Il presidente dei Républicains (Lr), che ha indurito parecchio la sua retorica dopo gli attentati, si attiene alla linea del “né né” (né col Front National né con il Ps) e ricorda spesso che il partito di Le Pen, che alle ultime elezioni dipartimentali era dato vincitore in molte province, alla fine non ne ha conquistata nessuna.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it