La conferenza sulla Libia che si è svolta il 13 dicembre a Roma si è conclusa con una dichiarazione di “pieno appoggio” da parte della comunità internazionale al processo di riconciliazione tra le fazioni libiche, che era stato favorito dalle Nazioni Unite.
Cessate il fuoco immediato. Sottoscritto da ministri ed emissari di 17 paesi e quattro organizzazioni internazionali, il comunicato finale invita tutte le fazioni ad “accettare un cessate il fuoco immediato e totale in tutta la Libia” e a sottoscrivere l’accordo per un governo di unità nazionale, la cui firma è prevista a Skhirat in Marocco mercoledì 16 dicembre.
Governo di unità nazionale. Il piano mediato dall’inviato speciale delle Nazioni Unite, Martin Kobler, prevede la creazione entro 40 giorni di un esecutivo di unità nazionale, che sarebbe poi legittimato a chiedere garanzie di sicurezza e assistenza economica agli altri paesi. La parti libiche avranno fino a febbraio per creare un consiglio presidenziale, che nominerebbe il governo, i nuovi vertici della banca centrale e dell’ente petrolifero nazionale, accompagnando il rientro di tutte le istituzioni del paese a Tripoli, oggi sede della fazione di impronta islamista sostenuta da Qatar e Turchia. Il governo e il parlamento riconosciuti a livello internazionale, che hanno nell’Egitto e negli Emirati Arabi Uniti i principali sponsor, hanno al momento sede a Tobruk.
Il mandato del parlamento. L’accordo prevede anche il prolungamento di un anno del mandato del parlamento, con un’ulteriore estensione di un altro anno se necessario. Non appena l’accordo sarà sottoscritto sarà legittimato da una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Uniti contro il gruppo Stato islamico? Il “messaggio chiaro” della conferenza internazionale di Roma è che “nel lungo periodo la stabilizzazione della Libia è fondamentale, anche per il contrasto al terrorismo”, ha commentato il ministro degli esteri italiano Paolo Gentiloni, che ha voluto e organizzato l’iniziativa con il sostegno degli Stati Uniti. La minaccia del gruppo Stato islamico (Is), “consolidata nell’area di Sirte, è certamente rilevante, ed è una minaccia che la comunità internazionale affronterà nei prossimi due mesi”, ha aggiunto il responsabile della diplomazia italiana.
Le incognite. Potrebbe essere, in effetti, proprio l’accresciuta presenza delle bande affiliate all’Is sulla costa intorno a Sirte il catalizzatore che convincerà le diverse fazioni libiche a superare le loro divergenze in funzione del comune nemico jihadista. Nel pomeriggio del 13 dicembre alcuni delegati libici hanno partecipato alle battute conclusive della riunione di Roma, ma rappresentavano solo una parte dei due parlamenti rivali e alcune comunità locali. Resta quindi da capire come sarà accolta e messa in pratica l’intesa sul territorio dal resto dei soggetti politici di Tripoli e Tobruk.
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