Secondo Human rights watch, le 53.275 fotografie che proverebbero che le forze armate siriane hanno torturato e ucciso migliaia di oppositori del regime di Bashar al Assad sono autentiche. Le immagini mostrano i cadaveri di undicimila persone e sono state realizzate da un ex fotografo della polizia militare siriana, noto con il nome in codice Caesar (o César, in francese), che le ha trafugate in Europa nel 2013.
L’organizzazione internazionale Human rights watch ha pubblicato un rapporto di 86 pagine intitolato If the dead could speak: mass deaths and torture in Syria’s detention facilities in cui mostra i risultati di una lunga indagine. Trentatré familiari e amici di 27 delle vittime identificate sono stati intervistati; 37 ex detenuti hanno parlato di chi si trovava in carcere con loro; hanno testimoniato anche quattro disertori che lavoravano nei centri di detenzione o negli ospedali militari dove la maggior parte delle fotografie è stata scattata. Grazie alle immagini fornite dai satelliti e alla geolocalizzazione, Human rights watch ha potuto confermare che alcune foto sono state realizzate nel cortile di un ospedale di Damasco.
Nell’editoriale del 17 dicembre di Le Monde si legge: “Oltre all’autenticità delle foto, queste analisi confermano anche la ferocia di un regime che è responsabile per la maggior parte dei 200mila morti del conflitto”. Secondo il quotidiano francese: “Il dossier Caesar mostra fino a che punto è difficile, se non impossibile, immaginare un periodo di transizione politica al termine del quale Bashar al Assad possa restare al potere”.
La storia di Caesar e delle fotografie
Prima del conflitto il compito di Caesar era fotografare le scene del crimine quando erano coinvolti membri delle forze armate. Con l’inizio delle proteste contro il regime, Caesar e i suoi colleghi ricevettero l’ordine di fotografare i corpi delle persone morte nelle strutture di detenzione gestite dalle diverse formazioni dell’esercito. Erano i cadaveri degli oppositori al regime che venivano arrestati nel corso delle manifestazioni di protesta.
Con l’aiuto di un amico, Caesar ha cominciato a copiare di nascosto molte delle foto e conservarle in modo sicuro: il suo scopo era aiutare i parenti delle vittime a conoscere la verità sulla sorte dei loro cari. Dopo due anni però i timori per la sua incolumità e quella dei suoi famigliari hanno spinto Caesar a lasciare il paese e cercare asilo in Europa. La testimonianza del fotografo siriano è stata raccolta in un libro della giornalista francese Garance le Caisne intitolato Opération César.
Il 21 gennaio 2014 è stato pubblicato un rapporto realizzato da un gruppo di procuratori ed esperti di medicina legale di fama internazionale, specializzati in crimini di guerra: già secondo questo documento le fotografie erano autentiche, ma dato che lo studio è stato finanziato dal Qatar, paese ostile ad Assad e sostenitore di alcune frange ribelli, la sua imparzialità non era garantita. Il rapporto è stato presentato al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il 15 aprile del 2014. In diverse occasioni successive le immagini sono state mostrate in pubblico e ai membri di diverse istituzioni internazionali.
All’inizio di ottobre la procura di Parigi ha aperto un’inchiesta preliminare contro il regime siriano accusandolo di crimini contro l’umanità proprio a partire dalle fotografie di Caesar.
Il video di Human rights watch.
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