Da Parigi alla Siria, passando per San Bernardino e l’Afghanistan, nel 2015 il mondo ha vissuto una serie di eventi drammatici e dolorosi, mentre centinaia di milioni di persone hanno continuato a vivere nella miseria e hanno visto la loro vita minacciata da malattie prevenibili e denutrizione. A parte questo, però, il 2015 ha registrato anche un miglioramento costante della qualità della vita per gran parte degli abitanti del nostro pianeta, insieme a innovazioni tecnologiche e accordi politici che fanno ben sperare per l’anno a venire e anche oltre.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti, nonostante le ripetute stragi con armi da fuoco, il paese è molto più sicuro che in passato. Gli ultimi dati forniti dall’Fbi a settembre indicano che il calo dei reati violenti, attestato negli Stati Uniti dai primi anni novanta del novecento, è proseguito almeno fino a tutto il 2014, anno in cui sono stati registrati quasi tremila casi in meno rispetto al 2013 e oltre 600mila in meno rispetto al 1995: è una riduzione del 35 per cento sull’intero periodo preso in considerazione. I dati più recenti delle Nazioni Unite suggeriscono che si tratti di una tendenza globale: per esempio, nei paesi per i quali sono disponibili le statistiche sugli omicidi dal 2000 al 2012, si stima che i casi siano calati del 6 per cento.

Purtroppo non si può dire altrettanto del terrorismo e delle guerre: messi assieme hanno fatto più vittime tra il 2013 e il 2014 che negli anni immediatamente precedenti, secondo i dati più aggiornati. La Siria ha contribuito dal 2011 a questa inversione di tendenza, nonostante una lieve riduzione delle vittime sul suo territorio dal 2014 al 2015, stando al Syrian observatory for human rights, che però quest’anno rileva un numero di morti in battaglia più alto del 2010. Comunque l’accordo sul nucleare iraniano stipulato l’estate scorsa è servito a dimostrare anche al resto del mondo che si possono risolvere le controversie per vie pacifiche. Inoltre, il numero dei conflitti attualmente in corso e delle vittime in battaglia è largamente inferiore ai livelli registrati negli anni settanta e ottanta del novecento.

La carestia e le epidemie, dovute alla guerra, sono entrambe in ritirata

Occorre poi aggiungere che l’incidenza complessiva di terrorismo, guerre e omicidi sulle cause di morte nel mondo resta limitata. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) calcola che nel 2012 (l’ultimo anno su cui si hanno dati attendibili) siano morte 119.463 persone in eventi di “violenza collettiva e intervento legale”, come può essere una guerra civile, e 504.587 in episodi di “violenza interpersonale”, in cui rientrano gli omicidi. Sempre nel 2012, stando al Global terrorism index, sono morte 11.133 persone in attacchi terroristici, e questo fa pensare che il terrorismo è responsabile di quasi l’1,8 per cento delle morti violente in tutto il mondo. E anche se le vittime del terrorismo sono aumentate dal 2012 , incidono per circa tre centesimi di un 1 per cento sulla mortalità globale, mentre la violenza collettiva e quella interpersonale sono responsabili di circa l’1,1 per cento di tutti i casi di morte avvenuti nel 2012.

Le morti causate dal virus della rabbia sono state il triplo di quelle per atti terroristici nello stesso anno; il cancro allo stomaco ha ucciso di più di tutti gli omicidi, i massacri e le guerre messi insieme. E c’è anche una buona notizia: nel 2015 sono stati fatti altri progressi sulle principali cause della mortalità globale.

Prendiamo adesso in considerazione due elementi che accompagnano da sempre la guerra, la carestia e le epidemie: nel 2015 sono entrambe in ritirata. Quest’anno si temeva la siccità nel Sahel, che avrebbe potuto provocare un’ennesima carestia, specialmente nelle zone interessate da conflitti, come il Sud Sudan. Ma le previsioni non si sono avverate, o almeno non ancora, anche se restano gravi rischi di scarsità di cibo per il 2016. Le vittime di carestie sono sempre di meno, e sempre più limitate alle poche aree in cui le istituzioni statali sono completamente allo sbando. Infatti la percentuale di popolazione mondiale denutrita è calata dal 19 per cento del 1999 all’11 per cento di oggi.

Passiamo alle malattie più gravi: nel corso del novembre 2015 sono stati confermati appena quattro casi di ebola nei tre paesi dell’Africa occidentale (Guinea, Liberia e Sierra Leone) che sono stati il focolaio dell’epidemia divampata tra il 2014 e il 2015, a seguito della quale si ritiene che il virus abbia ucciso circa 11.315 persone in tutto il mondo. Le cose sono andate molto meglio rispetto alle previsioni formulate nel 2014 dal Center for disease control: senza alcun tipo di intervento, i casi di ebola in Liberia e Sierra Leone sarebbero potuti diventare addirittura 1,4 milioni entro la prima metà di gennaio 2015, mentre a tutt’oggi quelli dovuti all’epidemia si sono attestati intorno a 29mila. Un vaccino contro il virus, sperimentato in Guinea la primavera scorsa, si è rivelato efficace, lasciando sperare che future epidemie potranno avere esiti meno letali. Sempre quest’anno, è stato messo a punto anche un vaccino parzialmente efficace contro la malaria.

Ogni anno sopravvivono 6,7 milioni di bambini sotto i cinque anni in più rispetto al 1990

Anche i vaccini distribuiti in passato hanno contribuito a salvare un numero maggiore di persone quest’anno, dato che proteggono per tutta la vita, o almeno per parecchi anni. È di agosto la notizia che non è stato riscontrato neanche un caso di poliomielite in Africa nei 12 mesi precedenti, e questo vuol dire che adesso la malattia resiste solamente in Pakistan e in Afghanistan: il virus, che uccideva indiscriminatamente in tutto il mondo, con 350mila casi registrati ancora nel 1988, è in via di estinzione. E dal 2000 i casi di morbillo si sono ridotti complessivamente di oltre due terzi, risparmiando così più di 17 milioni di vite, grazie soprattutto all’aumento delle vaccinazioni.

Intanto quest’anno le Nazioni Unite hanno reso noto che la mortalità infantile si è più che dimezzata dal 1990, indipendentemente dalle cause: in pratica ogni anno sopravvivono 6,7 milioni di bambini sotto i cinque anni in più rispetto al 1990. Nel 2015 a quasi sette milioni di famiglie è stato risparmiato il dolore di veder morire un figlio: è il frutto dei risultati straordinari nella lotta alle malattie infantili compiuti negli ultimi venticinque anni. Il 2015 ha visto anche la percentuale più bassa da sempre di bambini che non ricevono un’istruzione primaria: secondo le Nazioni Unite, ce n’è meno di uno ogni dieci. Il numero di bambini che non vanno a scuola è calato da cento milioni nel 2000 a 57 milioni, che era l’obiettivo previsto per il 2015.

Anche la diffusione dei diritti civili e politici è andata avanti, sia pure in modo irregolare. Mentre il 2015 ha visto un arretramento in paesi come Turchia e Thailandia, secondo Freedom House il numero complessivo di democrazie parlamentari rimane al massimo storico di 125 (anche se meno della metà di queste sono considerate completamente “libere”), rispetto alle 69 del 1989. Quest’anno ci sono stati dei passaggi di potere pacifici e democratici in contesti molto diversi tra loro, come il Burkina Faso, la Tanzania, la Birmania e l’Argentina. Nelle elezioni amministrative in Arabia Saudita, inoltre, è stata concessa per la prima volta alle donne la possibilità di candidarsi e di votare.

Negli Stati Uniti questo è stato l’anno in cui il matrimonio fra omosessuali è stato legalizzato in tutto il paese. Si conferma così ancora una volta che quel paese asseconda una tendenza già largamente in atto nel resto del mondo, a favore di una maggiore tolleranza. A giugno il Mozambico ha depenalizzato le relazioni omosessuali e dallo scorso novembre i matrimoni omosessuali sono legali anche in Irlanda. Nel 2006, l’International lesbian, gay, bisexual, trans and intersex association aveva segnalato 92 paesi nei quali vigevano leggi che proibivano atti sessuali fra adulti consenzienti dello stesso sesso; quest’anno i paesi risultano soltanto 75. In questa tendenza globale verso una maggiore libertà sessuale e riproduttiva, sempre nel 2015 la Cina ha abbandonato la politica del figlio unico.

Il mondo è più istruito, più nutrito, più sano, più libero e più tollerante

Dunque il mondo è più istruito, più nutrito, più sano, più libero e più tollerante – e sembra anche avviato a diventare più ricco. A ottobre, il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha previsto per il 2015 una crescita del 4,0 per cento nei paesi emergenti e in via di sviluppo: un rallentamento rispetto al 7 o 8 per cento raggiunto negli ultimi 15 anni, ma pur sempre ben al di sopra della crescita demografica. A settembre, la Banca mondiale ha dichiarato che per la prima volta in assoluto meno del dieci per cento della popolazione mondiale vive in condizioni di povertà estrema, cioè con meno di 1,9 dollari al giorno: molto meno del 37 per cento registrato nel 1990. Anche se ci sono tante ragioni per ritenere che i provvedimenti varati dalla Banca mondiale per arginare la miseria siano pieni di difetti, questo calo riflette senz’altro un dato reale di fondo: molti dei paesi più poveri al mondo, e molte delle persone più povere che ci vivono, hanno visto aumentare considerevolmente le loro entrate negli ultimi anni.

I paesi in via di sviluppo e quelli industrializzati hanno visto migliorare le prospettive sul proprio futuro grazie alla globalizzazione. Nonostante i numerosi lati negativi, l’accordo sul trattato di libero scambio nel Pacifico (Tpp, Trans-Pacific partnership) siglato lo scorso ottobre ha dimostra che alcune delle economie più grandi al mondo credono ancora nel libero scambio.

E nonostante i rigurgiti nazionalisti suscitati in tutta Europa dall’attacco terroristico a Parigi, la cancelliera tedesca Angela Merkel non ha rinnegato l’orientamento del suo paese nei confronti dei flussi migratori. Alla fine di novembre, Merkel ha cercato di convincere sette paesi europei a ricollocare 400mila profughi provenienti dal conflitto mediorientale, nel quadro dei suoi sforzi per accoglierne almeno 300mila nell’Unione europea ogni anno.Allo stesso modo, il presidente francese François Hollande ha ribadito l’impegno di accogliere trentamila profughi dopo gli attacchi terroristici a Parigi, affermando che i francesi devono rimanere “fedeli ai propri valori”.

Lotta al riscaldamento globale

Alla conferenza sul cambiamento climatico, che si è tenuta a Parigi a dicembre, i paesi partecipanti hanno mostrato maggiore decisione nell’affrontare insieme la questione del riscaldamento globale. Se dal 2010 non fosse stata presa nessuna iniziativa per rallentare il fenomeno, nel 2100 la temperatura sulla Terra avrebbe potuto essere di 4 gradi più alta che in epoca preindustriale. Invece, in virtù delle misure adottate per ridurre le emissioni di gas serra, quell’aumento è stato soltanto di 3,6 gradi, e a Parigi è stato preso l’impegno di limitarlo a 2,7. Inoltre i paesi che spendono di più in ricerca e sviluppo sulle tecnologie delle energie rinnovabili, come quella solare, hanno convenuto di raddoppiare entro il 2020 i bilanci a riguardo.

Anche l’iniziativa privata “Breakthrough energy coalition”, che include 28 dei più ricchi investitori privati del mondo, si è assunta l’impegno di investire di più in innovazioni in grado di ridurre il costo delle energie rinnovabili. Dato che l’elettricità è fondamentale per lo sviluppo economico, stanziamenti del genere sono l’unica strada percorribile per evitare un cambiamento climatico disastroso, senza però perdere colpi nella lotta alla povertà.

Anche prima di incontrarsi a Parigi, i leader mondiali concordavano sulla necessità di lavorare verso obiettivi comuni, nonostante le differenze, spesso pericolose, che li separano. A settembre si sono accordati a New York su una serie di “obiettivi di sviluppo sostenibile”, puntando a raggiungerli entro il 2030. Tra questi figurano l’eliminazione della povertà estrema, la riduzione della mortalità infantile sotto i cinque anni e il diritto all’istruzione e alla scolarizzazione di tutti i bambini. Per riuscirci occorre cambiare le strategie politiche come non è mai stato fatto prima d’ora e non si è ancora cominciato a fare.

Eppure gli obiettivi indicano la direzione giusta: si fondano sugli enormi progressi conseguiti negli ultimi 15 anni e fanno sperare che, lavorando di comune accordo, l’umanità possa fare ancor meglio nei prossimi 15. La combinazione di quei progressi con questa potenzialità spiega perché il 2015 è stato l’anno migliore in assoluto nella storia per gli esseri umani – e perché quasi sicuramente il 2016 sarà anche migliore.

(Traduzione di Alessandro de Lachenal)

Questo articolo è stato pubblicato su The Atlantic.

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