Gli ingegneri hanno finalmente tamponato una fuga di gas nel pozzo di metano Aliso Canyon a Porter Ranch, nella California meridionale. Da quando la fuga è stata scoperta, quattro mesi fa, dal pozzo sono uscite 96mila tonnellate di metano, come se 505mila auto si fossero messe a circolare per le strade per un anno intero.

Per gli abitanti è stato un incubo. In ottobre i residenti hanno cominciato a lamentare cattivi odori, mal di testa e nausea. In seguito a un’ingiunzione del tribunale, il proprietario del pozzo, la Southern California gas, ha temporaneamente trasferito 11.300 persone. Quando le autorità confermeranno che il pozzo è stato definitivamente sigillato avranno una settimana di tempo per tornare nelle loro case.

Il disastro a Porter Ranch, come la crisi di avvelenamento da piombo a Flint, in Michigan, è dovuto all’invecchiamento delle infrastrutture: in California, si tratta di un pozzo di stoccaggio corroso, a Flint, di acquedotti arrugginiti. La domanda, dunque, non è se ci sarà un’altra Flint o Porter Ranch ma dove e quando accadrà e per quanto tempo una comunità dovrà alzare la voce prima che qualcuno la ascolti.

Come un proprietario di casa negligente, gli Stati Uniti hanno accumulato un grave ritardo nella manutenzione delle loro infrastrutture fondamentali. Strade, ponti, porti, sistemi idrici e altri impianti hanno bisogno di lavori di potenziamento per circa 1.600 miliardi di dollari, secondo un rapporto del 2010 del dipartimento della sicurezza interna degli Stati Uniti.

Gli impianti di gas e petrolio, sia attivi sia chiusi, sono trascurati in maniera preoccupante

Basta dare un’occhiata al settore del gas e del petrolio. Le perforazioni in California sono cominciate un secolo fa. Solo una minima parte dei pozzi è stata sigillata in modo sicuro dopo che gli operatori li hanno abbandonati per passare a opzioni più produttive o costruite meglio. Oggi nel territorio dello stato sono disseminati 20mila pozzi petroliferi o di gas inattivi.

Anche gli impianti di produzione e stoccaggio attivi sono trascurati in maniera preoccupante. Il pozzo di gas di Aliso Canyon è stato aperto nel 1953 e convertito in impianto di stoccaggio nel 1973, senza che siano mai stati effettuati lavori di miglioramento e manutenzione. Il dipartimento per l’ambiente, responsabile della supervisione dei, pozzi ha praticamente ammesso che il suo programma di ispezioni è inutile. Un rapporto della stessa agenzia datato 8 ottobre 2015 – cioè meno di tre settimane prima della scoperta della fuga – aveva messo in evidenza “norme obsolete, in certi casi non conformi al moderno settore dell’estrazione del gas e del petrolio”.

“Si parla da tempo della possibilità che l’agenzia sia troppo compiacente con il settore che dovrebbe regolamentare”, spiega Briana Mordick, scienziata al Natural resources defense council (Nrdc, consiglio per la difesa delle risorse naturali). In California l’Nrdc sta facendo pressione per una totale revisione del sistema di regolamentazione.

La maggior parte dei rischi riguarda comunità a basso reddito che devono lottare di più per essere ascoltate

I problemi infrastrutturali potrebbero costare agli Stati Uniti più di tremila miliardi di dollari entro il 2020, secondo le stime dell’American society of civil engineers (Asce). Secondo l’Asce, un investimento di 157 miliardi di dollari all’anno potrebbe prevenire i disastri peggiori. In un’epoca di bilanci risicati, ci sono poche possibilità che gli stati s’impegnino davvero su una voce del bilancio che può quasi sempre essere rimandata in maniera convincente.

Non aiuta il fatto che la maggior parte dei rischi riguardi comunità a basso reddito che solitamente devono lottare molto di più per essere ascoltate. Nessuno dovrebbe affrontare catastrofi naturali a casa propria, ma i tempi di risposta ai disastri della California e del Michigan sono impressionanti. La fuga di gas è durata quattro mesi a Porter Ranch, che inoltre è una comunità perlopiù bianca e di classe medioalta.

A Flint, una città a basso reddito e a maggioranza nera, le autorità hanno respinto le lamentele dei residenti che per due anni hanno denunciato il cattivo sapore e odore dell’acqua. Anche gli scienziati avevano rilevato alti livelli di piombo nell’acqua e nell’organismo delle persone che la bevevano. Nessuno è stato trasferito altrove e il comune di Flint continua a far pagare ai suoi residenti un’acqua che li avvelena.

“Il problema è che finché non capita a te, non ci pensi”, sostiene Casey Dinges dell’Asce. “La gente riesce sempre a convincersi a restare con le mani in mano”, aggiunge.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è uscito su Quartz.

This article was originally published in Quartz. Click here to view the original. © 2015. All rights reserved. Distributed by Tribune Content Agency

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