Venerdì 26 febbraio circa 55 milioni d’iraniani sono chiamati alle urne. Sono le prime elezioni dopo l’accordo nucleare del luglio 2015. Proprio su quest’accordo il presidente Hassan Rohani ha intenzione di fare affidamento per rafforzare la sua posizione nei confronti dei conservatori.
Gli iraniani devono rinnovare il parlamento e l’assemblea degli esperti (88 religiosi incaricati di nominare o eventualmente sostituire la guida suprema), due istituzioni attualmente dominate dai conservatori.
Nel 2012 i riformatori avevano boicottato le legislative per contestare la rielezione, da loro considerata irregolare, del presidente ultraconservatore Mahmud Ahmadinejad, nel 2009. Mir Hossein Mousavi e Mehdi Karoubi, i leader riformatori dell’epoca, avevano dato il via a manifestazioni che furono represse con violenza dalle forze dell’ordine. Sono agli arresti domiciliari dal 2011.
Quest’anno i riformatori sono candidati in tutto il paese e, per aumentare le loro possibilità di vittoria, si presentano in liste comuni con i moderati.
Il consiglio dei guardiani della costituzione, che sovrintende le elezioni ed è a sua volta dominato dai conservatori, ha però estromesso i principali esponenti dello schieramento riformatore, che ha dovuto ripiegare su candidati meno noti.
Gli iraniani dovranno scegliere tra oltre seimila candidati, tra i quali 586 donne, per rinnovare i 290 parlamentari, e tra 161 candidati per eleggere gli 88 membri dell’assemblea degli esperti.
I risultati delle piccole circoscrizioni e delle città di provincia saranno annunciati nel giro di 24 ore ma per quelli di Teheran occorrerà attendere tre giorni.
Lo storico accordo sul nucleare, raggiunto dopo due anni di negoziati, dovrebbe permettere all’Iran di uscire dal suo isolamento
Questa doppia elezione ha luogo sei settimane dopo la revoca di gran parte delle sanzioni internazionali contro Teheran, resa possibile dal raggiungimento, il 14 luglio 2015, di un accordo tra l’Iran e le grandi potenze sul programma nucleare iraniano.
Questo storico accordo, raggiunto dopo due anni di negoziati, dovrebbe permettere all’Iran di uscire dal suo isolamento e di rilanciare un’economia indebolita da quasi dieci anni di sanzioni.
Eletto nel 2013, il presidente Rohani punta su quest’importante successo per invertire la tendenza politica e favorire i suoi sostenitori riformatori e moderati, in particolare in parlamento. Questo lo aiuterebbe, in parte grazie ai previsti investimenti stranieri, ad attuare una serie di riforme economiche e sociali prima della fine del suo primo mandato, nel 2017.
Tra le classi popolari, dotate di scarso potere d’acquisto e tra le quali la disoccupazione è più elevata, le attese sono immense.
La disoccupazione è di circa il 10 per cento ma arriva al 25 per cento tra i giovani, che sono una maggioranza in questo paese di 79 milioni d’abitanti.
Sbarrare la strada all’estremismo
Anche se ha contribuito al buon esito dell’accordo nucleare, la guida suprema Ali Khamenei rimane molto diffidente nei confronti delle potenze occidentali, in particolare degli Stati Uniti – che pure sono tra i firmatari dell’accordo – e invita regolarmente a fare attenzione alla loro “infiltrazione” politica, economica e culturale in Iran.
I conservatori plaudono a questa posizione e i loro dirigenti hanno invitato a votare per i candidati che proclamano “morte all’America”.
In risposta gli ex presidenti Mohammad Khatami (riformatore) e Akbar Hachemi Rafsanjani (moderato) hanno invitato gli elettori a votare in massa per i candidati vicini a Rohani e sbarrare così la strada “all’estremismo”.
Per quanto riguarda l’assemblea degli esperti, la candidatura di Hassan Khomeini, vicino ai riformatori e nipote dell’ayatollah Ruhollah Khomeini, fondatore della Repubblica islamica, è stata respinta perché non è stato possibile verificare le sue “competenze religiose”.
Rafsanjani e il presidente Rohani sono personalmente candidati a quest’assemblea e sperano che gli esponenti più conservatori vengano sconfitti. Una simile prospettiva rappresenterebbe per loro una grande vittoria. L’assemblea degli esperti, infatti, dovrebbe designare il successore del settantaseienne ayatollah in carica, Ali Khamenei.
(Traduzione di Federico Ferrone)
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