La vecchia guardia ultraconservatrice continua ad avere il potere in Iran. In questo senso va interpretata l’elezione dell’ayatollah Ahmad Jannati, 89 anni, a capo della nuova assemblea degli esperti, organo chiave del regime incaricato di designare ed eventualmente di destituire la guida suprema, la più alta autorità del paese.

Composta da 88 membri, questa istituzione tradizionalista dovrebbe avere un ruolo fondamentale nella scelta del successore di Ali Khamenei, 76 anni, le cui condizioni di salute sono ritenute precarie. Del resto quest’ultimo ha esortato l’assemblea a “preservare l’identità islamica e rivoluzionaria” dell’Iran e a prestare attenzione alla “devozione personale e politica” della prossima guida.

Nel frattempo la nomina di Jannati (con 51 voti) mostra che si è preferito privilegiare l’anzianità e l’esperienza. Ma soprattutto mette in evidenza la portata degli ostacoli che si trovano sulla strada dei riformatori e dei moderati e del loro tentativo di rompere con la tradizione.

Il nuovo capo dell’assemblea passa infatti per un acceso antioccidentale e fa parte di chi non perde occasione per criticare la politica di apertura condotta dal presidente Hassan Rohani, sostenitore di una normalizzazione delle relazioni con le grandi potenze, sottolinea Voice of America.

A quanto pare i “falchi”, sostenitori di una linea di purezza ideologica, non hanno perso la loro influenza quando si tratta di decidere il futuro orientamento del paese.

The Daily Telegraph ricorda che Jannati appartiene a questa casta oltranzista e che in passato aveva chiesto di “eliminare” le voci critiche “senza compassione né indulgenza”.

In un articolo pubblicato sul Middle East Eye il giornalista iraniano Kourosh Ziabari mette in guardia: se il popolo non potrà godere rapidamente dei vantaggi concreti della fine delle sanzioni contro l’Iran, allora i duri del regime non avranno difficoltà a strumentalizzare l’elezione presidenziale del 2017 per isolare ancora di più Rohani.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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