Un pensiero liscio e uniforme: questo è l’obiettivo cercato dal governo cinese, che ha stretto ancora di più la morsa intorno ai giornalisti intenzionati ad allontanarsi dalla linea ufficiale. Infatti, negli ultimi giorni, molti siti di informazione on line sono stati chiusi per aver pubblicato notizie senza autorizzazione e riguardanti argomenti considerati sensibili, per lo più di carattere politico o sociale.
Nel mirino dell’organo di controllo di internet ci sono Sina, Sohu e NetEase, criticati per le loro “innumerevoli iniziative prese in violazione delle leggi e dei regolamenti”. I siti dovranno adeguarsi alla linea del Partito comunista (Pcc), altrimenti saranno “purgati” o chiusi, spiega Vice News basandosi su un comunicato ufficiale.
Nel corso del solo secondo trimestre del 2016, 1.475 siti e più di 12mila “contenuti illegali” sono stati individuati e cancellati dall’amministrazione cinese che controlla internet.
Gli interessi del partito
Questo controllo ideologico si inserisce nel quadro della politica condotta dal presidente Xi Jinping, che ha sempre insistito sul fatto che i mezzi d’informazione devono limitarsi a servire gli interessi del Pcc. In ultima analisi l’obiettivo è quello di stroncare sul nascere qualunque contestazione suscettibile di portare a una rivolta popolare paragonabile a quella di Tienanmen nel 1989.
Per i gerarchi di Pechino l’indipendenza giornalistica rappresenta una minaccia esistenziale. Del resto questi ultimi non esitano a criticare il suo “effetto deleterio per la società”, in altre parole la possibilità che possa smuovere delle mentalità abituate a una cieca obbedienza al partito.
Intervistato da Radio free Asia, l’autore dissidente Wang Jinbo deplora la mancanza di pluralismo delle fonti di informazione, che per lui sono “il contrario del progresso” e chiede un “maggiore pluralismo” nel trattamento dell’attualità.
Tuttavia questa richiesta rischia di rimanere inascoltata perché lo stato sembra essere intenzionato a un controllo totale dei mezzi di comunicazione, come avveniva ai tempi di Mao Zedong nei primi giorni della Repubblica popolare di cui fu il fondatore nel 1949.
(Traduzione di Andrea De Ritis)
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