La sera del 12 settembre è entrato in vigore un fragile cessate il fuoco in Siria in concomitanza con i festeggiamenti dell’Eid al Adha. È il secondo tentativo dall’inizio del 2016 di mettere fine a cinque anni di guerra. La tregua è stata negoziata dalla Russia e dagli Stati Uniti, e successivamente approvata dal governo di Damasco e dai principali gruppi ribelli.

L’obiettivo è fermare i combattimenti per sette giorni su tutto il territorio siriano. Tuttavia alcune milizie, tra cui i jihadisti dello Stato islamico (Is) e del Fronte fatah al Sham (l’ex Fronte al nusra), sono escluse dalla tregua, quindi l’esercito di Bashar al Assad continuerà ad attaccarli. Altre milizie, nonostante siano coperte dall’accordo, hanno invece espresso dei dubbi su vari punti dell’intesa.

La situazione quindi è ancora precaria. Il primo giorno dall’entrata in vigore della tregua sono stati registrati attacchi sporadici di entrambe le parti, ma in alcune località gravemente colpite dalla guerra, come Aleppo, prevale la calma. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, un’ong vicina all’opposizione, non sono state registrate vittime civili nelle prime 15 ore.

Quali sono i principali punti dell’accordo
Secondo l’intesa negoziata dal segretario di stato americano John Kerry e dal ministro degli esteri russo Sergej Lavrov, la tregua dovrà fermare i combattimenti per permettere a varie parti di concentrare lo sforzo bellico contro i jihadisti dell’Is e del Fronte fatah al Sham, considerati terroristi sia dalla Russia sia dagli Stati Uniti. Ma soprattutto permetterà di portare aiuti umanitari alle popolazioni colpite dalla guerra.

Secondo Kerry, l’accordo invita le parti a “fermare ogni attacco, compresi i bombardamenti aerei” per evitare “ogni tentativo di avanzata sul territorio a scapito dell’altra parte. Inoltre Damasco non deve condurre missioni aeree di combattimento nelle zone controllate dall’opposizione e su quelle coperte dall’accordo”. Tuttavia, non è specificato se il cessate il fuoco riguardi anche le regioni dove i ribelli combattono al fianco dei jihadisti. Russi e statunitensi formeranno anche un’unità di condivisione delle informazioni per “definire l’entità dei territori controllati dai gruppi dell’opposizione”.

Nell’accordo si chiede “un accesso umanitario senza limiti e durevole in tutte le zone sotto assedio o di difficile accesso, compresa Aleppo”. In questa città del nord della Siria l’obiettivo è smilitarizzare la strada di Castello, a nord, per permettere l’afflusso degli aiuti umanitari. Questa importante via d’accesso è attualmente controllata dal governo. Il 13 settembre sono entrati dal nord della Siria i primi camion turchi carichi di cibo, vestiti e giocattoli per i bambini.

Se la tregua reggerà per una settimana, Washington e Mosca si coordineranno per condurre attacchi contro l’Is e il Fronte fatah al Sham. E solo dopo un periodo di stop ai combattimenti si potrà pensare a una transizione politica per trovare una soluzione duratura al conflitto.

Dubbi sulla tregua
Poco prima dell’entrata in vigore del cessate il fuoco, il presidente Bashar al Assad ha dichiarato di voler riprendere il controllo di tutti i territori controllati dai suoi avversari. Per questo l’Esercito siriano libero, uno dei principali gruppi dell’opposizione militare siriana, pur avendo promesso di voler “collaborare positivamente alla tregua”, ha espresso il timore che l’accordo possa servire solo a favorire il governo.

Dall’inizio del conflitto, nel marzo del 2011, ci sono stati numerosi tentativi di raggiungere un compromesso tra l’opposizione e il governo siriano. Gli sforzi sono cominciati nel 2012 con un piano di pace proposto dalla Lega araba, e sono continuati con tre diverse conferenze a Ginevra nel 2012, 2014 e 2016. Nel marzo del 2016 la Russia è intervenuta nel conflitto, aggiungendo un nuovo elemento a uno scenario bellico già molto complesso.

L’ultimo accordo negoziato dalla Russia e dagli Stati Uniti è comunque stato accettato anche da due importanti alleati del governo di Damasco: l’Iran e i miliziani sciiti libanesi di Hezbollah.

Il 13 settembre sono invece stati registrati dei combattimenti sulle alture del Golan, la regione contesa tra la Siria e Israele. Le autorità di Damasco hanno annunciato, attraverso l’agenzia filogovernativa Sana, di aver abbattuto un aereo e un drone israeliani. La notizia, però, è stata smentita da Israele.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it