Meno privacy, più sicurezza. Questo è in sostanza il messaggio che gli elettori svizzeri hanno mandato ai loro leader attraverso le urne. Nel voto del 25 settembre il 65,5 per cento degli elettori si è pronunciato a favore di una legge che autorizza i servizi segreti a sorvegliare le comunicazioni telefoniche e le attività su internet. Tutti i 26 cantoni hanno votato a favore. Nel Vaud (ovest) i sì hanno raggiunto il 74,2 per cento, osserva la Rts, sottolineando che “la forte minaccia terroristica che incombe sull’Europa ha certamente influenzato il voto”.
Gli agenti del Servizio di informazione della confederazione (Src) potranno spiare le comunicazioni (postali, telefoniche e via email), osservare quello che succede in luoghi privati e, se necessario, installare microfoni o telecamere, o perquisire in segreto sistema informatici e inserirci dei trojan horses.
Minacce dal resto d’Europa
In una conferenza stampa il ministro della difesa Guy Parmelin si è rallegrato della scelta dei suoi connazionali, osservando che la nuova legge “offre alla Svizzera strumenti moderni per rispondere alle minacce attuali”. Il risultato di questo referendum mostra fino a che punto gli svizzeri siano sensibili alle minacce che pesano sul resto dell’Europa, dopo gli attacchi del gruppo Stato islamico (Is).
Secondo Alain Jeannet, del settimanale L’Hebdo, il nuovo “arsenale a disposizione dell’Src” non è una soluzione miracolosa, anche se dovrebbe migliorarne le capacità operative. Per Jeannet la vera sfida sarà fare in modo che lo spirito della legge sia rispettato e che siano istituiti dei limiti “per creare una barriera contro il grande fratello”, lo stato di sorveglianza immaginato da George Orwell.
Anche Sylvain Besson, di Le Temps, è prudente. “Il rischio è che l’Src, in mancanza di priorità ben identificate, cominci a fare di tutto, che cominci a raccogliere e accumulare dati senza selezionarli, senza trattarli”. Uno scenario che ha portato l’Nsa statunitense a diventare quel “mostro tentacolare” denunciato da Edward Snowden nel 2013.
(Traduzione di Andrea De Ritis)
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