Il presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato nel suo primo discorso alla nazione che Washington uscirà dal trattato di libero scambio (Tpp) con i 12 paesi del Pacifico, firmato nel febbraio del 2016 dal presidente uscente Barack Obama.
Che cos’è il Tpp?
Il trattato transpacifico (Tpp) è un patto commerciale di libero scambio, firmato nel febbraio del 2016 da dodici paesi dell’Asia, dell’America e dell’Oceania che si affacciano sul Pacifico. I paesi che hanno firmato l’accordo sono Stati Uniti, Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Canada, Malesia, Vietnam, Singapore, Brunei, Messico, Perù e Cile.
La grande assente di questo patto è la Cina, la seconda economia del mondo, la prima economia dell’Asia. La firma del trattato è stata considerata la spina dorsale della nuova strategia di Barack Obama in Asia, orientata a rafforzare i rapporti commerciali con il Giappone di Shinzo Abe, per contrastare l’espansione economica della Cina. Il trattato per il momento non è stato ratificato da nessuno dei paesi che l’hanno firmato.
I paesi che hanno firmato il Tpp rappresentano circa il 40 per cento dell’economia mondiale e volevano dare vita a un nuovo blocco economico nel Pacifico attraverso la riduzione delle tariffe doganali. L’accordo prevedeva che cambiassero le regole sullo scambio di beni e servizi, i prezzi dei generi alimentari, il costo delle cure ospedaliere e gli standard per lo scambio di dati. Avrebbe dovuto inoltre introdurre nuove regole sugli investimenti, sull’ambiente e sul lavoro. Nel complesso sarebbero state interessate più di 18mila tariffe doganali.
Per trovare l’intesa ci sono voluti cinque anni di negoziati, oltre a una maratona di colloqui ad Atlanta, in Georgia, negli ultimi sei giorni. Il patto avrebbe dovuto essere approvato formalmente dai leader dei paesi firmatari e ratificato dai parlamenti.
Perché l’accordo era contestato?
Le trattative sul trattato di libero scambio sono state spesso contestate, perché condotte in segreto. Inoltre i leader politici coinvolti nei negoziati sono stati accusati di aver fatto gli interessi delle grandi aziende. In particolare è stata criticata la clausola che avrebbe permesso alle aziende straniere di mettere in discussione le decisioni dei governi chiedendo il giudizio di commissioni di arbitrato internazionale.
In Australia la questione è particolarmente delicata, perché il gigante del tabacco Philip Morris nel 2012 ha chiesto un arbitrato internazionale per bloccare un’iniziativa del governo che imponeva di cancellare dai pacchetti di sigarette i marchi dei produttori. Secondo la Philip Morris la decisione dell’esecutivo australiano violava un accordo commerciale bilaterale tra Canberra e Hong Kong, dove ha sede la filiale asiatica della multinazionale.
Che cosa non piace a Trump?
Il presidente eletto Donald Trump ha dichiarato la sua intenzione di ritirarsi dal Tpp, definito una “catastrofe all’ennesima potenza per il nostro paese”. Durante la campagna elettorale il repubblicano ha chiaramente detto di essere contrario al trattato con i paesi del Pacifico e all’Alena (Accordo di libero scambio nordamericano), che considera entrambi negativi per l’occupazione negli Stati Uniti.
Trump vuole sostituire il Tpp con degli accordi commerciali bilaterali che “riporteranno l’occupazione e l’industria sul territorio americano”. “Il mio programma sarà fondato su un semplice principio fondamentale: l’America viene prima”, ha detto Trump in un video. Il trattato era contestato anche dall’ala sinistra del Partito democratico, tra cui il candidato alle primarie Bernie Sanders e la senatrice Elizabeth Warren, che accusavano il trattato di ridurre le garanzie per i lavoratori e per l’ambiente e di rafforzare le grandi aziende transnazionali.
Che succede ora? L’accordo è a rischio?
Il premier giapponese Shinzo Abe ha detto che il Tpp non avrà più senso se gli Stati Uniti si ritireranno. Affinché il trattato abbia effetto, sei paesi (che rappresentano l’85 per cento del pil di tutti i paesi firmatari) devono ratificarlo. Le due più grandi economie del Tpp sono gli Stati Uniti e il Giappone. Se Trump darà seguito alla sua promessa di ritirarsi dal patto, starebbe agli altri stati firmatari rilanciare l’accordo o rinegoziarlo per salvarlo.
Non è chiaro se la linea politica di Donald Trump avrà un impatto anche su un altro trattato commerciale, il Ttip, attualmente in discussione tra Stati Uniti ed Europa e anch’esso contestato da diversi ambientalisti.
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