Il 25 novembre in tutto il mondo è la giornata contro la violenza sulle donne e a Roma è stata indetta una manifestazione nazionale il 26 novembre.
- Perché? “La violenza maschile sulle donne non è un fatto privato, non è un’emergenza, ma è un fenomeno strutturale e trasversale della nostra società”. Questo è il pensiero alla base del movimento Non una di meno, nato in Argentina. La rete italiana ha coinvolto donne di ogni età, ma anche uomini. In piazza si manifesterà per sottolineare l’inefficacia dei programmi istituzionali nel contrasto al femminicidio. Ma anche per per ricordare le vittime, per combattere le ingiustizie sul lavoro e per ottenere la parità dei salari. L’obiettivo finale è quello di creare un Piano femminista contro la violenza maschile, che porti alla revisione del piano antiviolenza adottato dal governo italiano nel 2015.
- Quando si manifesta? Il 26 novembre. Il corteo parte alle 14 da piazza Esedra a Roma e si conclude in piazza San Giovanni. Il 27 novembre alle 10, nella scuola elementare Federico Di Donato della capitale, si terrà poi un’assemblea per decidere come cominciare a lavorare su un piano antiviolenza nazionale.
- Chi organizza gli incontri? La rete italiana Non una di meno, che è promossa da Donne in rete contro la violenza (D.i.re), Io decido e Unione donne in Italia (Udi). La manifestazione è il frutto di mesi di confronto tra i diversi collettivi.
- Quali sono i dati sulla violenza contro le donne in Italia? Una donna su tre in Italia è vittima di violenze fisiche, psicologiche e sessuali. Sono più di sei milioni le donne che hanno subìto violenza nell’arco della loro vita. Dall’inizio del 2016 in Italia sono state uccise 93 donne. Le violenze, fisiche e psicologiche, avvengono ovunque: negli uffici, nelle scuole, per strada, negli ospedali, di persona, attraverso internet o altri mezzi di comunicazione. Nella maggior parte dei casi avvengono nell’ambiente domestico, e gli autori sono familiari o conoscenti.
- Qual è il ruolo dei centri antiviolenza? Ogni anno i centri antiviolenza offrono supporto e assistenza a più di 16mila donne. Molti di questi centri rischiano la chiusura per ragioni burocratiche, legate alla revoca degli spazi a loro assegnati, e a causa dei tagli alle risorse. Per esempio, a Roma il Servizio sos donna è stato chiuso il 26 giugno, lasciando sole più di 300 donne che avevano appena cominciato un percorso di riabilitazione.
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