La Romania sceglierà i suoi futuri dirigenti guardando al passato? L’11 dicembre più di 18 milioni di elettori sono chiamati alle urne per partecipare alle elezioni politiche, che dovrebbero portare al potere un nuovo governo per i prossimi quattro anni.

Secondo i sondaggi, il Partito socialdemocratico (Psd) è in testa con il 43 per cento, rispetto al 27 per cento del Partito nazionaliberale (Pnl, centrodestra). Nel novembre del 2015 l’ex primo ministro Victor Ponta (Psd) era stato costretto a dimettersi per delle accuse di corruzione. Successivamente era stato nominato un governo tecnico guidato da Dacian Cioloș.

Negli ultimi tempi sono state adottate delle riforme per cercare di combattere la corruzione, ma i cittadini non sembrano essersene accorti. In effetti lo stato non sembra essere riuscito a recuperare il denaro sprecato per le tangenti.

Uno dei paesi più poveri d’Europa
Questa campagna elettorale è stata dominata dal problema del lavoro, dei salari e del welfare. In questo contesto il Psd potrebbe avere un vantaggio perché fa leva su un sentimento molto caro al suo elettorato – composto in gran parte da pensionati, disoccupati e persone che ricevono degli aiuti sociali – la nostalgia per il periodo comunista.

Per la fotografa e giornalista Ioana Moldovan, le promesse fatte in ogni occasione elettorale dopo la caduta del dittatore Nicolae Ceausescu nel dicembre 1989, sono state sempre tradite e la Romania rimane il secondo paese più povero dell’Unione europea (dopo la sua entrata nel 2007).

Nelle campagne, dove vive metà della popolazione (cioè dieci milioni di abitanti), le prospettive non sono positive: il tasso di mortalità infantile è al livello più alto dell’intero continente, l’accesso alle cure di base è difficile e le infrastrutture, quando esistono, sono fatiscenti.

Ma nonostante questi problemi il sito Romania-Insider spera nella crescita economica del paese, che sembra progredire in fretta. In un articolo del quotidiano britannico The Independent, il laburista Denis MacShane, ex ministro incaricato degli affari europei (2002-2005) condivide questo ottimismo, ma per un’altra ragione: in difficoltà nel resto del vecchio continente, la democrazia in Romania ha la possibilità di svilupparsi.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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