La Repubblica Democratica del Congo aspetta con il fiato sospeso. La giornata di oggi, 19 dicembre, è una data simbolica, perché scade ufficialmente il mandato di Joseph Kabila. Tuttavia il presidente continuerà a governare finché non sarà fissata una data per le presidenziali. Kabila, al potere dal 2001, ha addotto varie giustificazioni per rinviare lo scrutinio, che si svolgerà presumibilmente nell’aprile del 2018. Nonostante i ripetuti appelli alla calma, a Kinshasa l’opposizione è in fermento e minaccia di scendere in piazza, perché è convinta che il presidente stia facendo di tutto per restare al potere nonostante la costituzione gli impedisca di governare per un terzo mandato.
In vista delle proteste, le autorità congolesi hanno ordinato alle aziende di telecomunicazioni di bloccare i social network dalla notte di domenica 18 dicembre. Il blocco riguarda siti e applicazioni come Facebook, WhatsApp, Instagram, Skype, Viber, Pinterest, YouTube e LinkedIn. Inoltre è stata rafforzata la presenza dell’esercito nelle città. Molti stranieri hanno lasciato il paese prima del 19 dicembre per timore di violenze simili a quelle scoppiate verso la fine di settembre, che hanno causato 53 morti.
Legittimazione
Lo scorso 11 maggio “lo slittamento” – così i congolesi hanno ribattezzato il rinvio delle presidenziali – è stato approvato dalla corte costituzionale. L’alto tribunale ha autorizzato Kabila a continuare a governare nel caso non fosse stato possibile organizzare elezioni libere ed eque nel 2016. E oggi l’impossibilità di garantire elezioni libere ed eque è imputata al fatto che le liste elettorali non sono aggiornate. La commissione elettorale sostiene di poter aggiungere almeno 42 milioni di nuovi elettori nel corso della revisione, che potrebbe richiedere dai dieci ai 18 mesi.
Lo “slittamento” è stato formalizzato anche dall’accordo raggiunto lo scorso 18 ottobre dalle forze della maggioranza e da una parte dell’opposizione. Tuttavia il patto non è stato sottoscritto dal Rassemblement, la principale componente dell’opposizione, che riunisce i sostenitori dell’ex candidato presidenziale Étienne Tshisekedi e quelli di Moïse Katumbi, ex governatore della ricca provincia del Katanga. Secondo l’intesa Kabila potrà rimanere al potere solo se nominerà un governo guidato dall’opposizione. E il leader congolese, con una mossa molto astuta, ha scelto come nuovo primo ministro Samy Badibanga, un deputato dell’Unione per la democrazia e il progresso sociale, il partito di Tshisekedi, contribuendo a creare nuove spaccature nel fronte dei suoi oppositori.
Sanzioni economiche
Senza un compromesso politico a cui aderisca tutta l’opposizione, è molto alto il rischio di proteste e di una risposta violenta da parte delle forze di sicurezza. Il 12 dicembre Bruxelles e Washington hanno imposto una serie di sanzioni contro alti responsabili del settore della sicurezza congolese, accusati di violenze o di aver ostacolato il processo elettorale. In particolare il vicepremier uscente Évariste Boshab è accusato di essere “un elemento chiave della strategia per mantenere al potere Kabila dopo il 19 dicembre” ed è sospettato di essere coinvolto nell‘“esportazione illegale di minerali”.
Ma perché Kabila non vuole lasciare il potere? Secondo un’inchiesta di Bloomberg Businessweek, il presidente non può rinunciare a un incarico che ha permesso a lui e alla sua famiglia di allungare le mani sulle principali ricchezze del paese. Dall’estrazione di minerali all’allevamento alla costruzione di strade e infrastrutture, “i Kabila hanno creato una rete di affari che affonda in ogni settore dell’economia congolese e che ha portato centinaia di migliaia di dollari nelle casse della famiglia”.
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