Il 2 gennaio il governo finlandese guidato dal primo ministro Juha Sipilä, leader del Partito di centro finlandese, ha lanciato un progetto pilota della durata di due anni che coinvolgerà duemila disoccupati, ai quali saranno versati ogni mese 560 euro.

I beneficiari di questa forma di reddito di base sono stati scelti in modo casuale a dicembre all’interno di un gruppo di persone di età compresa tra i 25 e i 58 anni che ricevono i sussidi di disoccupazione. I lavoratori svolgevano sia mansioni come quella di operaio sia compiti più qualificati, come quello di programmatore informatico. Nei prossimi mesi riceveranno la somma in maniera automatica, senza ostacoli burocratici né penalità se guadagnano altri soldi, e non dovranno rendere conto di come spendono il denaro ricevuto.

L’intento delle autorità finlandesi è spingere i lavoratori a non accettare condizioni di lavoro sfavorevoli o stipendi troppo bassi. Ma, soprattutto, vogliono vedere se distribuire questo denaro può servire a favorire la creazione di nuovi posti di lavoro. I partecipanti al progetto pilota potranno infatti svolgere impieghi part-time, a tempo determinato o in proprio perché, diversamente da quanto succede con i sussidi di disoccupazione tradizionali, erogati con modalità più rigide, il fatto di guadagnare altro denaro non comporta la perdita dei 560 euro.

Perché in Finlandia
In Finlandia, secondo i dati ufficiali, il dipendente di un’azienda privata guadagna in media 3.500 euro al mese. Sempre secondo il governo, nel paese di 5,5 milioni di abitanti il tasso di disoccupazione è dell’8,6 per cento, in linea con la media europea. Tuttavia in alcune parti del paese, come nel distretto tecnologico di Oulu, questo tasso sfiora il 16 per cento dopo i licenziamenti attuati da grandi aziende come la Nokia. Nel paese ci sono migliaia di ingegneri in cerca di lavoro.

Le preoccupazioni del governo finlandese sono molto pragmatiche, scrive il New York Times. L’obiettivo del progetto pilota è creare nuovi posti di lavoro. Negli ultimi dieci anni l’economia finlandese ha attraversato un momento di stagnazione. La crisi finanziaria ha impedito all’industria tecnologica locale di rinnovarsi e il commercio con la vicina Russia è calato. L’impatto sui lavoratori è stato mitigato da un sistema sviluppato – e per certi versi molto complicato – di sussidi sociali, che ora il governo sente la necessità di riformare e semplificare. Inoltre, riporta il sito Helsinki Times, il premier Sipilä ha avvertito che la recente ripresa dell’economia non allontana del tutto il rischio che in Finlandia crescono le disuguaglianze.

Occhi puntati dal resto del mondo
Come scrive il New York Times, le autorità sono curiose di vedere cosa succederà, se i beneficiari del programma useranno il denaro ricevuto per cercare lavori più adatti alle loro competenze, per lanciare nuove attività imprenditoriali o per continuare a studiare e migliorare così il proprio livello di istruzione. O se, al contrario, il fatto di ricevere del denaro senza far niente spingerà i finlandesi ad abbandonare definitivamente il mondo del lavoro. E qui, “l’esperimento di politica economica si addentra nello studio della natura umana”.

L’esperimento del governo finlandese è seguito con interesse in tutto il mondo. I dati raccolti al termine del periodo di prova di due anni potranno servire a delineare nuove politiche di welfare non solo nel paese nordico, ma anche all’estero. In molti paesi sta prendendo piede l’idea di garantire ai cittadini un reddito di base per aiutare quei lavoratori penalizzati dalle dinamiche della globalizzazione e della crescente automazione dei processi industriali e dei servizi.

Una startup della Silicon valley, Y Combinator, sta lavorando a un progetto a Oakland, in California, in base al quale cento famiglie riceveranno, senza precondizioni, somme di denaro che variano dai mille ai duemila dollari al mese. Nel 2016 gli elettori svizzeri hanno respinto un referendum che proponeva l’introduzione del reddito di base, ma in Francia il senato ha approvato una sperimentazione in questo campo. Altri esperimenti sono previsti in Canada e nei Paesi Bassi. Anche il governo indiano sta valutando questa ipotesi come mezzo per alleviare la povertà.

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