Il provvedimento firmato dall’amministrazione Trump il 27 gennaio, che vieta per novanta giorni l’ingresso negli Stati Uniti alle persone originarie di sette paesi a maggioranza musulmana, ha dei precedenti nella storia del paese, scrive Al Jazeera.
Dalla fine dell’ottocento vari presidenti hanno imposto limitazioni all’ingresso di gruppi di migranti in base alla loro origine, alle loro idee politiche o perfino alle loro condizioni di salute. Ecco alcune delle più note.
Ingresso vietato ai cinesi, 1882. Il Chinese exclusion act, promulgato dal presidente repubblicano Chester Arthur, vietava l’ingresso per dieci anni ai lavoratori cinesi impiegati nel settore minerario. È stata la prima legge ad aver posto dei limiti all’immigrazione. In quel periodo gli Stati Uniti facevano i conti con una grave disoccupazione e, anche se i cinesi formavano solo una piccola parte della manodopera straniera, divennero il capro espiatorio dei problemi sociali ed economici del paese. Il provvedimento, della durata iniziale di dieci anni, fu rinnovato più volte fino al 1943, quando fu cancellato dal Magnuson act, che permise l’immigrazione regolare dei cinesi in base a quote prestabilite (105 persone all’anno).
L’esclusione degli anarchici, 1903. L’Anarchist exclusion act firmato dal presidente Theodore Roosevelt vietò l’ingresso nel paese degli anarchici e di altri “estremisti politici”, insieme a mendicanti, epilettici e sfruttatori della prostituzione. Per la prima volta fu impedito l’ingresso a un gruppo di individui per le loro idee politiche. Due anni prima l’anarchico Leon Czolgosz aveva ucciso il presidente statunitense William McKinley.
Stop all’immigrazione giapponese, 1907. Con il Gentlemen’s agreement gli Stati Uniti e il Giappone si accordarono per fermare l’immigrazione dei lavoratori giapponesi in America. I giapponesi, che erano arrivati a migliaia nelle Hawaii o nel continente per sostituire i cinesi, erano considerati una minaccia dai lavoratori statunitensi bianchi. Nei trent’anni successivi furono approvate leggi ancora più restrittive contro i giapponesi, che contribuirono a inasprire l’ostilità di Tokyo verso gli Stati Uniti. Nel 1917 entrò in vigore, nonostante il veto del presidente Woodrow Wilson, l’Immigration act, che estese le limitazioni alle persone provenienti da altri paesi asiatici.
Il respingimento dei profughi ebrei della Ms St. Louis, 1939. Negli anni a cavallo della seconda guerra mondiale le autorità statunitensi, tra cui il presidente Franklin Delano Roosevelt, erano preoccupati che tra i milioni di profughi ebrei in fuga dall’Europa si nascondessero delle spie naziste. Navi cariche di profughi, come la Ms St. Louis nel 1939, furono costrette a tornare in Europa e molti dei suoi passeggeri morirono nei lager. Il caso della Ms St. Louis, scrive lo Smithsonian Magazine, fu solo un esempio della diffidenza verso i profughi in arrivo dall’Europa. Per gli ebrei tedeschi e austriaci fu stabilita la quota di 26mila ingressi all’anno, ma ne furono accolti molti meno.
My name is Regina Blumenstein. The US turned me away at the border in 1939. I was murdered in Auschwitz %3Ca href=%22https://t.co/TZXJM2Ar94%22%3Epic.twitter.com/TZXJM2Ar94%3C/a%3E
— St. Louis Manifest (@Stl_Manifest) 28 gennaio 2017
Via libera alla deportazione dei comunisti, 1950. Nonostante il veto del presidente Harry Truman, il congresso approvò l’Internal security act che rese possibile la deportazione di immigrati iscritti alle organizzazioni comuniste, che in quegli anni erano obbligati a registrarsi e non potevano ottenere la cittadinanza. Alcune parti di questa legge sono state abolite dalla corte suprema nel corso degli anni, ma alcune sono ancora valide.
Sanzioni contro l’Iran, 1980. Tra le sanzioni approvate dal presidente Jimmy Carter dopo la crisi degli ostaggi all’ambasciata statunitense a Teheran del 1979, ci fu la cancellazione di tutti i visti d’ingresso negli Stati uniti per i cittadini iraniani.
Divieto d’ingresso ai malati di aids, 1987. Nel 1987 gli Stati Uniti di Ronald Reagan aggiunsero i malati di aids alla lista delle persone che non potevano entrare nel paese. La misura fu adottata in un clima di omofobia e diffidenza verso le minoranze e ancora s’ipotizzava, erroneamente, che il virus potesse diffondersi con il semplice contatto fisico o per via respiratoria. Il provvedimento è stato definitivamente cancellato da Barack Obama all’inizio del 2010.
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