Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Gentile direttore,
in merito all’articolo da voi pubblicato a firma di Marta Fana, alcune considerazioni: non è mia intenzione entrare nel merito dell’analisi sui nuovi rapporti di lavoro che legano le multinazionali e i diversi livelli della catena produttiva, tengo però a precisare che alcuni passaggi non corrispondono alla realtà di quanto avvenuto. Comprendo anche ci possano essere pregiudizi ideologici o antipatie personali verso un’azienda, o una tipologia di azienda, ma sarebbe corretto approfondire bene i temi, sentire tutte le parti in causa in una vicenda, verificare i fatti e le fonti. Solo in questo modo si fa un racconto di verità, altrimenti non si può che parlare di finzione narrativa, di romanzo, e visto che si parla di lavoro, diritti e reati è bene essere molto cauti.
- Coca-Cola Hbc Italia non è parte in causa nella vicenda bensì vittima di una perdurante situazione di illegalità, che da settimane ha fortemente rallentato l’operatività del sito produttivo.
- Nell’articolo si riporta di “14 lavoratori licenziati in tronco con il cambio d’appalto”: non si è mai parlato di licenziamenti, ma di ricollocamento.
- I diritti dei lavoratori sono sempre stati tutelati e può essere facilmente verificato con i datori di lavoro che, come detto, non siano noi di Coca-Cola Hbc Italia.
- L’azienda non si è mai rifiutata di incontrare le istituzioni locali, con le quali il rapporto è anzi trasparente e continuo, semplicemente non ha partecipare ad un confronto al quale non aveva titolo per partecipare.
- Quanto all’uso di pistole elettriche, o simili, che viene riportato come un fatto assolutamente certo, quando la cautela suggerirebbe l’uso del condizionale nell’attesa dei risultati delle indagini, è importante precisare che all’azienda non risulta e, qualora un fatto simile fosse davvero avvenuto, le responsabilità sarebbero da attribuire alla singola persona che ne risponderà alle autorità. Quello che è certo è che l’azienda non ne ha mai richiesto, né autorizzato l’uso e sta collaborando con le forze dell’ordine fornendo anche le immagini del sistema di videosorveglianza al fine di contribuire alle indagini.
- Per quanto riguarda l’interruzione temporanea della produzione e la messa in cassa integrazione di oltre 400 lavoratori, si è trattata di una decisione condivisa con le rsu, dettata dall’obbligo di tutelare la sicurezza di tutti i lavoratori, compresi i manifestanti, nulla quindi a che vedere con “reazioni intransigenti” o “a sostegno incondizionato al subappaltatore”. Tant’è che non vi saranno ripercussioni nelle buste paga perché l’azienda integrerà con un contributo diretto quanto previsto dalla legge per la cassa integrazione: per essere ancora più chiari, i nostri dipendenti riceveranno il 100 per cento dello stipendio, nessun tentativo di mettere i lavoratori l’uno contro l’altro.
- Quanto all’uso dell’acqua, anche qui la dott.ssa Fana è stata male informata: l’azienda paga le concessioni regionali per l’emungimento nella misura sancita dalla norme, misura assolutamente identica a quella delle altre aziende operanti sul territorio. Tra l’altro, per completezza di informazione, segnalo che esistono alte tasse e contributi, pubblici e facilmente verificabili. Inoltre, devono essere considerati altri costi per la manutenzione, purificazione e trattamento della risorsa idrica, che l’azienda ha reso pubblici nei giorni scorsi.
Sembra un articolo scritto da qualcuno che a Nogara non ci ha mai neanche messo piede. Data la gravità delle affermazioni contenute nel testo pubblicato, chiedo che sia accolta dall’Internazionale anche la voce e la posizione di Coca-Cola Hbc Italia.
Ringranziandola per l’attenzione, porgo cordiali saluti.
Giangiacomo Pierini, direttore relazioni istituzionali e comunicazione Coca-Cola Hbc Italia.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it