Airbnb si pubblicizza da tempo come un nuovo modo di viaggiare, incoraggiando gli utenti ad abbandonare i costosi alberghi e a prendere in affitto una camera da letto in casa di uno sconosciuto. Di recente, però, è emerso con maggiore evidenza come questo futuro dell’ospitalità in realtà non riguardi tutti. Se sei nero, transgender o professionista del sesso, gli ospiti di Airbnb potrebbero non aprirti le porte di casa. E dal momento che si tratta di privati che affittano una parte delle loro case, non si può fare molto per combattere questo tipo di discriminazione.
Non sorprende più di tanto che un’azienda dominata da uomini bianchi non riesca a prevedere le necessità di viaggiatori transgender o di colore. La stessa assenza di consapevolezza la si può notare anche nelle continue difficoltà che Twitter ha nel gestire le molestie e gli abusi tra i suoi utenti, o nella sconcertante nozione di privacy che ha Facebook, o ancora nei tanto celebrati algoritmi e piattaforme di intelligenza artificiale che replicano idee razziste e sessiste sul modo in cui funziona il mondo.
Tuttavia, il problema del punto di vista dell’uomo bianco riguarda qualcosa che va oltre la molestia o la discriminazione. L’assenza di diversità ha infatti conseguenze dirette sulle prospettive delle aziende e su tutti i problemi che per la Silicon valley è prioritario risolvere: quali progetti vale la pena finanziare, il futuro della tecnologia e chi ne trarrà i benefici maggiori.
Le startup più popolari degli ultimi anni sembrano orientate a risolvere soprattutto i problemi delle persone ricche
È sempre più evidente che le aziende tecnologiche “che cambiano il mondo” ne stanno in realtà cambiando solo una parte, quella degli uomini bianchi privilegiati. Non serve un’analisi troppo approfondita per comprendere che le startup più popolari degli ultimi anni sembrano orientate a risolvere soprattutto problemi che affliggono le persone con i soldi. Se hai difficoltà a cavartela in un mondo in cui stare per strada e chiamare un taxi è troppo difficile e sei disposto a spendere per cenare in casa la stessa cifra che spenderesti per cenare fuori, le startup sono pronte ad aiutarti. Se invece i tuoi problemi sono un po’ più complessi e, ammettiamolo, meno adatti a essere sfruttati per trarne un profitto, è meno probabile che il mondo della tecnologia possa esserti d’aiuto.
Sembra essere facile prendersi gioco di giovani uomini che sognano un mondo in cui nessuno deve lavarsi i panni da sé e il cibo è sostituito da un pastone più o meno gustoso, ma il problema non sono loro, o comunque non ne sono la fonte principale. Perché, per quanto ridicole possano apparire alcune delle più famose innovazioni, queste vengono pubblicizzate soprattutto perché hanno ricevuto molti finanziamenti. Il problema dell’uomo bianco nella Silicon valley emerge soprattutto al momento di determinare chi è “promettente”, cioè chi si merita i tanto ambiti soldi di venture capital.
La buona notizia è che le donne e le persone di colore si stanno dando da fare per avere accesso a quei finanziamenti. Debra Cleaver, fondatrice della piattaforma per il coinvolgimento degli elettori Vote.org, spera di avere successo grazie all’aiuto del famoso acceleratore di startup Y Combinator, che ha accettato Vote.org nel corso della primavera 2016. Secondo Cleaver, una delle sorprese principali riguardo l’acceleratore, è stata la diversità di punti di vista che c’è al suo interno. Anche se Y Combinator ha la nomea di sostenere soprattutto uomini bianchi, “da quando mi sono trasferita a San Francisco non mi ero mai trovata in una stanza come quella di Y Combinator, piena di gente tanto diversa”, sottolinea Cleaver. “L’acceleratore ha una percentuale talmente alta di fondatori non americani che, nonostante un’effettiva propensione per gli uomini, non privilegia l’elemento bianco… e questo mi ha molto sorpreso”.
Meritocrazia
Un acceleratore di startup diversificato è però solo l’inizio: infatti, la piccola quantità di capitale di avviamento, di sostegno e di relazioni industriali messi a disposizione da Y Combinator non garantisce il successo di un’azienda. “Rimane ancora da vedere quali delle aziende uscite dal mio corso avranno il successo maggiore”, dice Cleaver. “Saranno ancora le aziende guidate da maschi bianchi eterosessuali? Forse Y Combinator sta dando tutte queste opportunità a gente che non rientra in questo modello, ma questo non vale per la comunità degli investitori nel suo complesso”.
Le esperienze di altri fondatori sembrano avallare questa impressione. Stephanie Lampkin, fondatrice e amministratrice delegata di Blendoor, una app per assumere persone soltanto in base al merito, pensava che trovare finanziamenti per la sua azienda sarebbe stato molto facile. Infatti, le aziende in questo momento sono fissate con la diversità nelle assunzioni e la sua piattaforma rende più semplice assumere personale diversificato concentrandosi unicamente sul merito e sulle capacità del candidato. Tuttavia, nonostante un periodo trascorso nel prestigioso acceleratore di Stanford StartX, Lampkin ha ancora difficoltà a convincere gli investitori a sostenere la sua piattaforma. Una cosa che secondo lei è sbalorditiva se si pensa che un’azienda che completa un corso in un acceleratore di startup di prestigio si assicura una media di due milioni di euro di finanziamenti dopo la fine del periodo di formazione.
“Un mio collega in realtà mi ha suggerito di avere un co-fondatore bianco”, afferma Lampkin, sottolineando come questa persona – un corsista di Y Combinator – avesse aggiunto un uomo bianco alla sua squadra soltanto per pubblicizzare meglio l’azienda agli occhi degli investitori (come ricompensa gli è stato destinato l’1 per cento delle azioni dell’azienda). “Mi sembra una cosa davvero buffa, perché questo è ciò che accadeva nell’ottocento. Molti afroamericani che avviavano aziende di successo dovevano reclutare una famiglia bianca o un uomo bianco e presentarli come il volto dell’azienda, anche se in realtà non erano loro a gestirla. Questo accadeva duecento anni fa, perciò trovo sorprendente che, pur con modi diversi, lo stiamo facendo ancora oggi”.
È la stessa struttura di potere a dare forma ai pregiudizi covati nella Silicon valley
Occorre notare come Cleaver e Lampkin guidino progetti che hanno davvero a che fare con la capacità di cambiare il mondo, non soltanto in senso vago, ma in modi reali e concreti. Cleaver ricorda passate esperienze di lavoro in un’azienda di cambiamento sociale guidata da uomini bianchi eterosessuali.
“Ho scoperto in fretta quanto fosse superficiale l’idea di cambiamento sociale”, racconta.“In realtà non ci occupavamo di razzismo, sessismo e classismo nella prospettiva di un fondamentale ridimensionamento del potere. Cercavamo la vittoria rapida e facile che eravamo in grado di quantificare utilizzando parametri quali le menzioni su altri mezzi di comunicazione, o earned media. In fondo, se ti occupi davvero del problema del sessismo, non puoi misurarlo utilizzando come parametro gli earned media. Se a guidare la tua organizzazione per il cambiamento sociale sono persone che traggono benefici dall’attuale struttura di potere, queste non sono motivate a cambiarla, tutto qui”.
È la stessa struttura di potere a dare forma ai pregiudizi covati nella Silicon valley, oltre a offrire idee limitate sulle caratteristiche che deve avere il fondatore di un’azienda e su chi può davvero guidarne una di successo. È per questo motivo che donne come Cleaver e Lampkin hanno così tante difficoltà a far decollare i loro progetti.
Per fortuna ci sono alcuni fondatori che stanno cercando di spezzare questo circolo vizioso. Lampkin, per esempio, è riuscita a ottenere un primo finanziamento attraverso le Pipeline Angels, una rete di investitrici che lavorano per portare un numero maggiore di donne (e in particolare di donne di colore) nel mondo degli investitori.
Non stupisce che le investitrici di Pipeline Angels si siano dimostrate più sensibili alle offerte di Blendoor. Lampkin però è convinta che gli investitori dovrebbero ampliare la loro idea su come dovrebbe essere un fondatore di startup di successo, e questo non soltanto per l’impatto sociale che ne deriverebbe, ma anche perché ha molto senso anche dal punto di vista degli affari. “Mi piacerebbe iniziare a parlare del perché questa tendenza non abbia senso dal punto di vista economico e di come le organizzazioni stiano rinunciando a guadagnare dei soldi rifiutandosi di finanziare le donne e le persone di colore”, dice. Ammette che potrebbe essere necessario il successo di qualche azienda guidata da donne o da persone di colore per assistere a un cambiamento di questo tipo. Speriamo di non dover attendere troppo tempo.
(Traduzione di Giusy Muzzopappa)
Questo articolo è uscito su Quartz.
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