L’uccisione di Walter Scott da parte dell’agente Michael Slager, avvenuta il 4 aprile a North Charleston, in South Carolina, ricorda in modo inquietante – e sconsolante – quella di Eric Garner, morto per asfissia a Long Island, New York, nel luglio del 2014.

Sia Garner sia Scott erano stati fermati per infrazioni non particolarmente gravi: il primo per presunto contrabbando di sigarette, il secondo addirittura perché la sua macchina aveva un faro rotto. Entrambi avevano provato a opporre resistenza all’arresto, Scott cercando di scappare, Garner chiedendo di essere lasciato in pace. Entrambi, naturalmente, erano neri e sono stati uccisi da agenti bianchi che hanno usato la forza in modo sproporzionato.

Anche la loro storia personale era simile. Garner, che soffriva di obesità, asma e pressione alta, aveva sei figli e tre nipotini. Dal 1980 era stato arrestato trenta volte con accuse di aggressione, furto, contrabbando di sigarette e resistenza all’arresto. Viveva in una zona di Long Island abitata soprattutto da afroamericani poveri e nettamente separata dalla parte ricca e a maggioranza bianca.

Una situazione simile a quella di Scott a North Charleston, una città di circa centomila abitanti dove gli afroamericani sono più dei bianchi (47 contro 37 per cento), ma sono in minoranza nelle istituzioni e nelle forze dell’ordine (l’80 per cento degli agenti di polizia della città sono bianchi). In passato Scott era stato arrestato una decina di volte, nella maggior parte dei casi per non aver pagato gli alimenti alla moglie e ai figli e per non essersi presentato alle udienze in tribunale.

Ma l’elemento comune più inquietante – e sconsolante – è che in entrambi i casi gli agenti (bianchi) sapevano di essere ripresi da un passante e che molto probabilmente il video dell’arresto sarebbe finito online, ma hanno comunque usato la forza – in un caso trascinando a terra il sospettato e immobilizzandolo fino a ucciderlo, nell’altro sparando otto colpi di pistola – in modo sproporzionato.

Il video dell’uccisione di Walter Scott.

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Questo dà l’idea di quanto la consapevolezza dell’impunità sia radicata nelle forze dell’ordine statunitensi. I poliziotti si sentono garantiti e coperti da un sistema giuridico che troppo spesso gli lascia la possibilità di decidere cosa sia sproporzionato al momento di arrestare un sospettato. E questo genera nelle forze dell’ordine quell’arrogante certezza di essere intoccabili illustrata perfettamente dal video dell’omicidio di North Charleston. Le immagini mostrano Slager che dopo aver ucciso e ammanettato Scott torna indietro, raccoglie un oggetto da terra e lo lascia cadere vicino al corpo dell’uomo. Considerato quello che ha sostenuto nel suo rapporto (che Scott gli aveva rubato il taser e che lui era stato costretto ad aprire il fuoco), è molto probabile che Slager stesse cercando di inquinare le prove per sostenere di aver agito per legittima difesa.

La morte di Eric Garner.

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Il 1 dicembre del 2014, dopo che un grand jury di Ferguson ha prosciolto Darren Wilson per l’uccisione di Michael Brown, il presidente Barack Obama aveva proposto di mettere delle telecamere sulle divise dei poliziotti. Due giorni dopo, la decisione di un grand jury di New York di non incriminare Daniel Pantaleo per la morte di Eric Garner aveva fatto sembrare la proposta di Obama come una beffa, visto che la scena dell’arresto e della morte di Garner era stata registrata e vista da tutti, giurati compresi.

Dopo la morte di Scott il sindaco di North Charleston, Keith Summey, ha rilanciato l’idea di dotare gli agenti di telecamere. Ma oggi come allora sembra un rimedio inutile, oltre che un modo per non affrontare il vero problema, cioè il fatto che negli Stati Uniti una combinazione di leggi e dinamiche sociali spinge i poliziotti a usare le armi senza motivo, soprattutto quando si trovano davanti dei neri. A questo si aggiunge un sistema giudiziario che criminalizza le minoranze (spesso per rimpinguare le casse dei comuni, come è successo a Ferguson, in Missouri) creando nuovi ambiti di discriminazione.

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