Se cercate online “allenamento mentale”, “ginnastica mentale”, “brain training” o “brain fitness” trovate una quantità di siti che vi propongono giochi e test (e anche una quantità di persone ansiose di farvi da allenatore o di vendervi un corso per diventare più brillanti). Si va da puzzle, dama cinese, solitari ai programmi personalizzati e decisamente attraenti di Lumosity, il sito di brain training più famoso. Se invece volete cavarvela in fretta, ci sono i sei giochi proposti da Wired.

Ma serve davvero fare ginnastica mentale? Di certo è diventato un grande affare in tutto il mondo, e di sicuro male non fa. Ma gli scienziati, ce lo ricorda un recente e ottimo articolo del New York Times, non dispongono ancora di incontrovertibili evidenze dei benefici, anche se qualche dato incoraggiante, da alcune ricerche, vien fuori, specie per quanto riguarda il contrastare il declino cognitivo legato all’età.

Soprattutto di quest’ultimo aspetto tratta un articolo uscito sul Boston Globe. Il quale, tra l’altro, cita un noto, sorprendente studio, il Nun study condotto su monache cattoliche americane: un gruppo omogeneo, isolato, ideale dunque per la ricerca.

In sostanza, all’interno del gruppo, le monache che da giovani scrivono con proprietà, impiegando una prosa densa di idee, ricca e complessa sotto il profilo grammaticale, da anziane non mostrano sintomi di Alzheimer, anche se il loro cervello ne risulta in realtà affetto: è come se nel corso della vita avessero messo insieme – e senza fare esercizi di brain training - una riserva cognitiva, utile da impiegare in tempi di scarsità.

È Science Based Medicine a fare un bilancio che mi sembra plausibile: il brain training è un metodo promettente e offre un buon rapporto tra impegno e risultati. Ma i risultati medesimi non sono migliori di quelli che si possono ottenere dedicandosi a qualsiasi altro compito impegnativo sotto il profilo mentale: dal leggere un libro o un articolo consistente all’imparare una lingua straniera, al giocare a scacchi, allo scrivere note biografiche complesse seguendo l’esempio delle monache.

Infine, val la pena di ricordare che l’esercizio fisico migliora l’afflusso di sangue al cervello, aiuta la memoria e preserva le facoltà cognitive. Quindi, un altro buon modo per fare ginnastica per la mente è… fare ginnastica.

Finora, però, abbiamo parlato di pensiero, e non specificamente di pensiero creativo. Possedere una buona funzionalità mentale e una discreta intelligenza sono precondizioni necessarie per il lavoro creativo, ma sappiamo che non coincidono esattamente con l’essere creativi.

Uno studio svolto dall’università dell’Oklahoma, assai citato, dice che per migliorare la creatività conviene comunque lavorare sulle facoltà cognitive ma, soprattutto, su quelle euristiche: in sostanza, sui modi (più o meno automatici, più o meno originali) in cui osserviamo e analizziamo le cose e ci mettiamo in relazione con il mondo. È un approccio che mi sembra del tutto sensato: ci ho perfino fatto un libro, che propone esercizi di creatività e scrittura.

Psychology Today chiarisce ulteriormente: il potenziale creativo sembra dipendere per non più del 10 per cento dalla componente genetica individuale. I tratti di personalità (per esempio l’apertura all’esperienza) sono invece importanti.

Quindi, la capacità creativa si sviluppa grazie a tutto quanto contribuisce a sviluppare un atteggiamento mentale aperto, fatto di curiosità, sensibilità estetica, reattività al cambiamento, rifiuto dell’autoritarismo e del pregiudizio. Ma la creatività, in qualsiasi campo, non può prescindere dalla competenza e, quindi, chiede esercizio costante e anche qualcosa di più: una pratica deliberata e intensiva.

Insomma, bisogna esporsi a stimoli nuovi, eterogenei e sfidanti, essendo disposti ad accoglierli e a elaborarli. E certo, si può anche decidere di modificare le proprie abitudini cominciando a lavarsi i denti con la mano sinistra (o con la destra se si è mancini), ma questo è solo un esempio, e forse nemmeno il migliore, del fatto che darsi un vincolo di qualsiasi tipo incoraggia sempre e comunque la ricerca di nuove strategie.

Se volete divertirvi con un bizzarro elenco di proposte per migliorare la creatività, qui ne trovate 36 (per esempio: gesticolate con entrambe le mani. Oppure: guardate qualcosa di verde o di blu).

Un suggerimento importante riguarda, invece, il dormire abbastanza: è ormai dimostrato, anche se i meccanismi non sono ancora del tutto chiari, che il sonno profondo migliora le prestazioni creative.

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