La crisi ucraina non è stata ancora risolta, ma almeno ha smesso di aggravarsi. Al momento non si può parlare di distensione, anche perché alla frontiera orientale dell’Ucraina le truppe russe proseguono le imponenti manovre militari che secondo Kiev potrebbero annunciare un’invasione. Anche gli Stati Uniti sono preoccupati, ma la tensione sembra aver raggiunto l’apice. Almeno per il momento.
All’Aia, dove nella giornata di lunedì si è tenuto un vertice sulla sicurezza nucleare previsto da tempo, il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov ha accettato di incontrare il capo della diplomazia ucraina, esponente di un governo a cui Mosca non riconosce alcuna legittimità. L’Ucraina, dal canto suo, non sembra voler interrompere la fornitura di acqua ed elettricità alla Crimea, e al contrario ha parlato dei prezzi per l’approvvigionamento (in linea col mercato, a suo dire).
Sul fronte occidentale Stati Uniti, Francia, Germania, Regno Unito, Italia, Giappone e Canada, ovvero i paesi del G7, che si sono riuniti a margine del vertice sul nucleare, non hanno voluto escludere dai ranghi a titolo definitivo la Russia. Accontentandosi di annullare il G8 in programma a Soči a giugno e di riunirsi a Bruxelles senza la Russia, le sette potenze hanno evitato di compromettere gli sviluppi futuri. Nel frattempo gli occidentali continuano a dosare le sanzioni e a evitare la rottura completa delle relazioni diplomatiche ed economiche con Mosca, aspettando di capire se gli appetiti di Vladimir Putin si fermeranno alla Crimea.
A questo punto si ha la sensazione che gli occidentali, e l’Ucraina con loro, vogliano far capire che potrebbero accettare l’annessione della penisola storicamente russa (senza riconoscerla) a condizione che Mosca non cerchi di assorbire altri territori ucraini o altre regioni russofone delle ex repubbliche sovietiche. In sostanza l’occidente sta cercando un compromesso basato su una sorta di “pareggio”: da una parte la conclamata annessione della Crimea alla Russia, dall’altra l’avvicinamento del resto dell’Ucraina all’Unione europea.
Al momento niente è scontato, e l’evolversi della situazione potrà essere giudicato soltanto a medio termine. I prossimi giorni e le prossime settimane nascondono seri pericoli, ma c’è un elemento rassicurante: la crisi dell’economia russa potrebbe spingere Putin alla prudenza.
Lunedì il viceministro dell’economia russo Andrei Klepač ha rivelato che nei primi tre mesi dell’anno la Russia ha registrato una fuga di capitali pari a 70 miliardi di dollari, più che durante l’intero 2013. Klepač ha apertamente attribuito il fenomeno alle paure suscitate dal “raffreddamento delle relazioni con l’occidente”, ovvero dalla crisi ucraina. Intanto l’inflazione russa è in aumento, la crescita rallenta e le banche si preparano alla recessione.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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