L’anno nuovo è cominciato decisamente male. In forte calo e dopo aver evitato il crollo solo grazie a un artificio per limitare il volume delle vendite, le borse cinesi trascinano verso il basso le grandi piazze e minacciano l’intera economia mondiale.

La Cina preoccupa perché la sua crescita rallenta dopo aver trainato quella dei cinque continenti per più di vent’anni, mentre i leader cinesi sembrano incapaci di reagire e chiaramente non erano preparati a questo prevedibile sviluppo negativo. Pechino garantisce di essere pronta a orientare la sua economia verso la domanda interna, i servizi e l’eccellenza tecnologica, e al contempo orchestra la svalutazione dello yuan per stimolare le esportazioni e conservare il ruolo di fabbrica del mondo.

La Cina è ormai sinonimo di incertezza

Queste due azioni sono in evidente contraddizione, e non è certo la facilità monetaria che farà riprendere l’industria cinese. La Cina è ormai sinonimo di incertezza (a breve, medio e forse anche a lungo termine), dal punto di vista non solo economico ma anche politico, perché la sua stabilità interna si fonda su un patto implicito in base al quale i cinesi rinunciano a contestare il monopolio del partito unico in cambio di un miglioramento del loro tenore di vita.

Le traversie cinesi basterebbero da sole a preannunciare un anno difficile, ma il resto del mondo non se la passa tanto meglio. Il Brasile e il Venezuela associano le difficoltà politiche a una crisi economica. La Russia è in pieno caos, colpita dal calo del prezzo del petrolio e dalle conseguenze delle avventure in Ucraina e Siria.

In confronto l’Europa sembra una realtà solida, ma oltre a far registrare una crescita ancora troppo debole per ridurre la disoccupazione, è fortemente indebolita dall’usura del suo scacchiere politico e dalle tre sfide alla sua unità: la possibile uscita del Regno Unito, l’afflusso dei rifugiati e il disaccordo tra i 28 sul percorso da intraprendere per rilanciare l’Unione.

Fissare obiettivi raggiungibili

Negli Stati Uniti l’anno nuovo sarà dominato dalla campagna presidenziale e di conseguenza ci sarà poco spazio per grandi iniziative internazionali, in un momento in cui i conflitti in Medio Oriente sono esacerbati dalla rottura tra Iran e Arabia Saudita e le provocazioni nordcoreane fanno salire la tensione in Asia.

Lo stato del mondo è preoccupante e in questo momento c’è bisogno di mettere in ordine i problemi e fissare obiettivi raggiungibili.

Le due priorità, fortemente interconnesse, sono riportare la Russia alle pratiche comuni delle grandi potenze e raggiungere un compromesso sulla Siria. Per riuscirci bisognerebbe, da un lato, risolvere la crisi ucraina e, dall’altro, conciliare in Siria gli interessi regionali dell’Iran e dell’Arabia Saudita. Non è impossibile, ma per farcela è indispensabile che le grandi capitali si decidano ad agire.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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