Dalla nascita dell’Unione europea non si era mai visto niente di simile. Dopo diversi avvertimenti informali rivolti a Varsavia, il 13 gennaio la Commissione ha avviato un’indagine preliminare sul rispetto dello stato di diritto in Polonia dopo che i nazionalisti hanno vinto le elezioni dell’autunno scorso.

L’indagine si concentrerà sulla corte costituzionale polacca dopo che il governo ne ha modificato il funzionamento e la composizione in modo da limitarne e ostacolarne i poteri di controllo sul governo e le sue decisioni. Ma Bruxelles si preoccupa anche per l’attacco alla televisione pubblica e per alcune iniziative che minacciano l’indipendenza della magistratura.

Aprire un dialogo con Varsavia

Questa indagine preliminare è solo la prima tappa di una procedura, a cui possono seguirne altre due.

Per il momento non sono previste sanzioni né mosse spettacolari, come si è affrettato a sottolineare il governo polacco. Tuttavia se l’analisi della situazione accerterà l’esistenza di “un pericolo sistemico per lo stato di diritto” si aprirà un dialogo con la Polonia per trovare una soluzione. Se poi questo dialogo non dovesse rivelarsi fruttuoso si passerà alla terza fase, che comporta una serie di sanzioni tra cui la privazione del diritto di voto all’interno dell’Unione.

La Commissione continua a prendere le distanze dai governi nazionali affermando il suo ruolo di garante dei trattati

Questo meccanismo composto da diverse tappe è stato concepito per dare tempo al tempo, ma l’apertura della procedura adottata nel 2014 per impedire all’Ungheria e alle sue misure liberticide di creare un precedente evidenzia la volontà da parte della Commissione di far rispettare i princìpi fondatori dell’Unione.

È un momento storico per l’unità europea, perché dopo aver attaccato il dumping fiscale di alcuni stati membri per assicurare il rispetto della concorrenza, la Commissione continua a prendere le distanze dai governi nazionali affermando il suo ruolo di garante dei trattati.

La Commissione riprende slancio dopo decenni di dominio del Consiglio europeo, l’assemblea dei 28 capi di stato e di governo che aveva finito per concentrare su di sé tutti i poteri dell’Unione, ma che non avrebbe mai potuto trovare un accordo sull’avvio di questa procedura.

Inoltre, il braccio di ferro cominciato ieri sottolinea (e accentuerà) le profonde differenze di vedute tra gli stati dell’Unione usciti dal blocco sovietico e quelli che non ne facevano parte. Malgrado l’avanzata dell’estrema destra e con l’eccezione del Regno Unito, la vecchia Europa ha come obiettivo “un’unione sempre più stretta”, mentre la giovane Europa ha riconquistato l’indipendenza troppo recentemente per desiderare davvero un’evoluzione federale.

Le società dell’Europa centrale sono più conservatrici di quelle dell’ovest. Il matrimonio omosessuale, per esempio, non è ancora accettato, e l’accoglienza dei profughi siriani lo è ancora meno. Oggi all’interno dell’Unione convivono due anime, e questo contrasto rappresenta una sfida tra le più difficili per l’Europa unita.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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