L’Europa cerca di trattenere il Regno Unito e di non sfaldarsi sui rifugiati. Il solo fatto che sia costretta a questo sforzo la dice lunga sullo stato del progetto europeo e su quello di una potenza ancora in gestazione, unita dalle regole, da una moneta e da un mercato comuni, ma sempre più divisa dalla diversità delle sue politiche economiche, dei suoi livelli di sviluppo e delle risposte che le sue diplomazie danno agli eventi internazionali.

L’Europa è a metà del guado e non sappiamo se e quando riuscirà a raggiungere l’altra sponda. Per farcela avrebbe bisogno di serrare i ranghi sul fronte economico e davanti all’instabilità delle sue frontiere orientali e meridionali. L’Europa è un punto interrogativo, ma purtroppo è in buona compagnia.

Prendiamo gli Stati Uniti. Washington non vuole impegnarsi in Medio Oriente. È un suo diritto ed è una scelta comprensibile dopo i fallimenti in Iraq e in Afghanistan. Ma davvero la prima potenza mondiale può disinteressarsi fino a questo punto di una regione che per molto tempo è stata al centro dei suoi interessi?

La Russia vuole riaffermarsi come superpotenza, ma in realtà è una potenza povera e duramente colpita dal crollo del prezzo del petrolio

Per gli Stati Uniti è difficile mantenere questa rotta, tra i rimproveri degli alleati e potenze regionali come la Turchia e l’Arabia Saudita che ormai agiscono di testa propria mentre la Russia approfitta del vuoto d’influenza. Impegnandosi quando non è necessario e disimpegnandosi quando dovrebbero impegnarsi, gli Stati Uniti continuano a seminare il caos in Medio Oriente, preoccupando i loro alleati asiatici e centroeuropei che oggi si domandano se davvero possono contare su Washington.

Un altro punto interrogativo è sicuramente la Cina, paese che traina la crescita mondiale da trent’anni e la cui economia è in fase di calo. Pechino attraversa un periodo di grande incertezza, e l’enorme aumento delle sue spese militari alimenta il timore che un peggioramento della situazione interna possa spingerla verso un’aggressività esterna di cui mostra già i primi segni.

E poi, naturalmente, c’è la Russia. Mentre gli Stati Uniti pensano solo a competere con la Cina e l’Unione si ostina a contare poco o nulla sul piano politico e militare, Mosca sente il vento in poppa.

La Russia vuole riaffermarsi come superpotenza, ma in realtà è una potenza povera e duramente colpita dal crollo del prezzo del petrolio. Il Cremlino non ha i mezzi per sostenere la sua ambizione e questo aumenta la sua irrequietezza.

Tra gli altri stati instabili o destabilizzanti, il più preoccupante è sicuramente la Turchia, incapace di gestire l’affermazione dei curdi iracheni e siriani che alimenta le speranze dei curdi turchi. Tra un’Europa che la respinge, gli americani che fanno finta di niente e un Medio Oriente dove non trova più spazio, Ankara è l’ennesimo punto interrogativo sulla scena globale.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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