L’emergere di quest’asse ha partorito molte stupidaggini. A fine dicembre Russia, Iran e Turchia hanno unilateralmente imposto un cessate il fuoco in Siria. E di questo, evidentemente, nessuno può lamentarsi. Su richiesta di Mosca, il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha espresso la sua soddisfazione, e a qualcuno questo è bastato per decretare il trionfo di Vladimir Putin, il naufragio delle diplomazie occidentali e la nascita di un nuovo ordine mondiale.

Tutto questo è accaduto pochi giorni fa, ma i combattimenti in Siria sono già ripresi, come accaduto in occasione di tutti i cessate il fuoco precedenti. Una decina di gruppi di ribelli minacciano di annullare la loro partecipazione ai negoziati di pace che la Russia e i suoi due nuovi alleati vorrebbero organizzare in Kazakistan alla fine del mese. Il 4 gennaio la Turchia ha manifestato il timore che il negoziato non cominci nemmeno.

Non siamo ancora arrivati alla rottura, e alla fine il negoziato potrebbe partire perché i ribelli sono allo stremo. Ma il problema è che quest’asse non è un vero asse, perché i paesi che lo compongono non hanno gli stessi obiettivi. La Russia vorrebbe trovare un compromesso miracoloso che le permetterebbe di non impantanarsi in Siria facendo tacere le armi, almeno per qualche anno. La Turchia vuole reprimere le ambizioni indipendentiste dei curdi siriani per impedire che i curdi turchi si facciano venire strane idee, ed è per questo che Ankara si è riavvicinata alla Russia e ha messo da parte la pretesa di un’uscita di scena di Bashar al Assad. Tuttavia il governo turco non può schierarsi apertamente con il regime siriano e contro i ribelli, sunniti come i turchi e sostenuti dall’opinione pubblica turca.

Quanto all’Iran sciita, vale il contrario. Teheran vorrebbe che non cambiasse nulla a Damasco perché il clan Assad è un prezioso alleato nella sua avanzata in terra araba che dura ormai da quarant’anni, ed è per questo che sostiene l’offensiva contro le roccaforti dei ribelli rilanciata dall’esercito siriano (a prescindere dal cessate il fuoco) per riconquistare la Siria “utile”, cioè la parte occidentale del paese.

Bashar al Assad subisce la pressione iraniana, mentre turchi e russi vorrebbero ottenere dal regime concessioni su cui non sono neanche d’accordo tra loro. Questo asse è palesemente traballante, e tra l’altro è composto da paesi che presentano evidenti debolezze. La Turchia è in pieno caos, destabilizzata dalla repressione di massa, dal riemergere della questione curda, dalla crisi della sua economia e dagli attentati islamisti sempre più sanguinari. L’Iran è diviso tra riformatori e conservatori e non riesce ad attirare i capitali esteri di cui avrebbe bisogno. La Russia resta una potenza povera le cui casse sono vuote e la cui economia non è molto più forte di quella della Spagna.

Diversamente da quanto si sente dire, i rapporti di forza internazionali non sono poi così cambiati.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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