In Romania vivono venti milioni di persone. Negli Stati Uniti sono sedici volte di più. La Romania non ha un grande peso sulla scena internazionale. Gli Stati Uniti sono la prima potenza economica e militare del mondo. Si tratta evidentemente di due paesi profondamente diversi, eppure oggi entrambi hanno dato un’incredibile lezione di democrazia al mondo protestando, in nome della legge, contro i governi che hanno eletto di recente, a novembre a Washington e a dicembre a Bucarest.
Da una parte l’amministrazione Trump, dall’altra i socialdemocratici. Si tratta di due governi legali, legittimi e incontestabili, perché nati dal suffragio popolare. Ma in democrazia le elezioni non sono tutto. In democrazia un governo eletto deve rispettare le leggi e la costituzione. In democrazia l’esecutivo è sempre sotto il controllo degli altri due poteri, quello legislativo e quello giudiziario.
In democrazia le stampa libera e indipendente controlla l’operato dei tre poteri istituzionali e il rispetto delle libertà politiche, d’espressione e di manifestazione, dando ai cittadini la possibilità di esprimere il loro rifiuto nei confronti delle decisioni prese dal governo in carica, anche se uscito vincitore dalle ultime elezioni.
L’inizio di una lunga battaglia
In poche parole, non esiste una democrazia senza i contropoteri. Senza un contropotere efficace la democrazia è solo una democratura, una dittatura travestita da democrazia, come quella russa. È proprio questo che gli americani e i romeni hanno ricordato a tutti noi.
A Bucarest, in cinque giorni di manifestazioni sempre più imponenti, i cittadini hanno costretto il loro nuovo governo ad annullare il decreto con cui aveva indebolito la legge anticorruzione mettendo così al riparo l’esecutivo da inchieste giudiziarie.
Negli Stati Uniti un giudice federale, rappresentante del potere giudiziario, ha assestato un duro colpo a Donald Trump sospendendo l’applicazione del decreto di chiusura delle frontiere per chi proviene da sette paesi sostanzialmente musulmani, anche se in possesso del permesso di soggiorno o di un regolare visto.
Trump è rimasto talmente sbalordito da accusare il potere giudiziario di essere pericoloso per la sicurezza nazionale
Il magistrato che ha ritenuto il bando contrario alla costituzione non è un giudice rosso (negli Stati Uniti non esistono) ma un conservatore, nominato da George Bush e rispettoso dello stato di diritto, fondamento delle democrazie.
È solo l’inizio di una lunga battaglia giudiziaria che probabilmente arriverà alla corte suprema. Vedremo come andrà a finire, ma la democrazia americana ha mostrato tutta la sua vitalità, e Trump ne è stato talmente sbalordito da parlare di “cosiddetto giudice” e accusare il potere giudiziario – e dunque la legge – di essere pericoloso per la sicurezza nazionale.
Trump ha scoperto, con sommo dispiacere, che non può fare quello che vuole ma dovrà tenere conto dell’opinione dei giudici, del congresso, dei mezzi d’informazione, delle grandi aziende e dell’opinione pubblica, la cui maggioranza non lo sostiene. Il presidente contrattaccherà sulla scena internazionale. Trump non ha perso la partita, ma si è chiaramente dato la zappa sui piedi.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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