Resta poco tempo: se le elezioni non saranno annullate in base all’articolo 78 della costituzione per guerra “improvvisa”, il 1 novembre i turchi andranno alle urne. Anche se l’ottimismo successivo alle elezioni del 7 giugno è svanito, il Partito democratico dei popoli (Hdp, sinistra) è pronto a dare battaglia e c’è chi crede che il potere del presidente Recep Tayyip Erdoğan e del suo Partito per la giustizia e lo sviluppo (Akp) sarà nettamente ridimensionato. In ogni caso, c’è la speranza che le cose cambino. Ma come potrebbe succedere?
Prima di tutto, in Turchia la possibilità di elezioni libere e regolari è stata gravemente intaccata negli ultimi cinque o sei anni. Combinata con le tendenze antidemocratiche ereditate dal colpo di stato del 1980, la situazione attuale non soddisfa i requisiti minimi. Il rapporto presentato dagli osservatori dell’Osce dopo le elezioni del 7 giugno, purtroppo ignorato dai mezzi d’informazione, era sconcertante. Ecco i principali problemi riscontrati.
- La soglia di sbarramento al 10 per cento, giudicata troppo alta.
- L’intimidazione nei confronti dei mezzi d’informazione che criticano il governo.
- L’uso di fondi pubblici nella campagna elettorale dell’Akp e la partecipazione diretta di Erdoğan, che in quanto presidente dovrebbe essere sopra le parti ma ha partecipato a numerosi raduni chiedendo di votare il suo partito.
- La rimozione di alcuni manifesti elettorali dell’opposizione perché considerati offensivi nei confronti di Erdoğan.
- Gli attacchi contro le sedi e i candidati dei partiti d’opposizione.
- La mancanza di trasparenza dell’Alto comitato elettorale (Ysk) e la discrepanza tra alcune sue decisioni e le leggi vigenti.
- La mancata regolamentazione del finanziamento delle campagne elettorali, con i partiti e i candidati che non hanno fatto chiarezza in merito alle donazioni.
- La mancata imparzialità dell’Alta commissione per la radio e la televisione (Rtük) e la scarsa indipendenza della tv di stato Trt.
- La mancanza di qualsiasi controllo giudiziario sulle decisioni dell’Ysk.
- Il silenzio della corte costituzionale di fronte alle denunce presentate contro le apparizioni di Erdoğan in campagna elettorale.
- L’impossibilità per i cittadini di controllare le operazioni di scrutinio.
C’è stato qualche progresso a questo riguardo rispetto alle ultime elezioni? Alcuni sono convinti che a prescindere dai risultati del 1 novembre la situazione si normalizzerà, e sono addirittura disposti a perdonare l’Akp ed Erdoğan. Ma diamo un’occhiata più da vicino.
Al momento è possibile che l’Akp conquisti i 276 seggi necessari a governare da solo, o che raggiunga questa soglia comprando alcuni parlamentari da altri partiti. Immaginiamo che questo accada. Il nuovo governo sarebbe capace di portare il paese fuori dell’attuale crisi economica? Naturalmente no. In questo ci sarebbe da aspettarsi l’aumento della propaganda sulle virtù del sistema presidenziale e un referendum per adottare tale sistema. Vi risparmio le disastrose conseguenze di questo scenario.
Una situazione comunque disastrosa
C’è chi dice che l’Akp potrebbe spaccarsi. Ma dal 2011 il partito è stato completamente asservito a Erdoğan, che ha scelto tutti i parlamentari e gli amministratori. Quindi è improbabile che qualcuno di loro possa abbandonare l’Akp per entrare in un nuovo partito fondato dall’ex presidente Abdullah Gül e dall’ex vicepremier Bülent Arınç.
Passiamo ora alle “possibilità impossibili”. Un governo che comprenda i filocurdi dell’Hdp, in coalizione con l’Akp o con i kemalisti del Partito popolare repubblicano (Chp), sarebbe impensabile perché sancirebbe la fine dell’esclusione delle etnie non turche dal potere che vige da quando è nata la repubblica turca nel 1923. Il leader del Chp Kemal Kılıçdaroğlu ha dichiarato che preferirebbe formare una coalizione con i nazionalisti dell’Mhp.
Lo scenario più realistico è un accordo tra Akp e Mhp, ma un’intesa di questo tipo rischia di portare all’esclusione e alla secessione dei curdi. In questo modo, inoltre, il potere dell’Mhp uscirebbe ridimensionato perché il partito sarebbe costretto ad accettare il diktat di Erdoğan sul sistema presidenziale.
Un’altra opzione sarebbe quella di una coalizione tra Akp e Chp, ma anche questa è un’eventualità remota. Il Chp accetterebbe il tentativo dell’Akp di riformare la costituzione per introdurre il sistema presidenziale? Come farebbe a giustificarsi di fronte ai suoi elettori?
A prescindere dalla sua composizione, il nuovo governo dovrà affrontare una situazione disastrosa in ogni ambito dello stato e della società. Per questo l’unica soluzione è liberarsi dalla tutela di Erdoğan. Ma naturalmente non sarà facile.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
Questo articolo è stato pubblicato su Today’s Zaman. Per vedere l’originale clicca qui.
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