Nell’enciclica Evangelium vitae, emanata da papa Giovanni Paolo II, si afferma che
l’aborto e l’eutanasia sono crimini che nessuna legge umana può pretendere di legittimare. Leggi di questo tipo non solo non creano nessun obbligo per la coscienza, ma sollevano piuttosto un grave e preciso obbligo di opporsi ad esse mediante obiezione di coscienza.
Comincia così il discorso di presentazione di un disegno di legge sull’obiezione di coscienza per i farmacisti (Disposizioni concernenti il diritto all’obiezione di coscienza per i farmacisti). Tutti i farmacisti, non solo quelli della farmacia vaticana.
I due deputati del disegno di legge sono Luigi Gigli (presidente del movimento per la vita dal 2015) e Mario Sberna (“aderisce alla piattaforma del Forum delle associazioni familiari. ‘Io correrò per la famiglia’”, si legge sul suo sito).
La presentazione del disegno di legge continua:
Questa posizione è stata ribadita con forza, di recente, anche da Papa Francesco che, parlando ai membri dell’associazione medici cattolici italiani, li ha esortati – in materia di aborto, eutanasia e fecondazione artificiale – a fare ‘scelte coraggiose e controcorrente che, in particolari circostanze, possono giungere all’obiezione di coscienza’. Il Papa ha inoltre affermato che quella che ritiene sia un aiuto alla donna favorire l’aborto, un atto di dignità procurare l’eutanasia, una conquista scientifica ‘produrre’ un figlio considerato come un diritto invece di accoglierlo come dono ‘può essere definita una sorta di falsa compassione’, poiché ‘sia nel pensiero antico che in quello moderno il significato di uccidere è lo stesso’.
L’elefante nella stanza è: chi deve decidere delle nostre vite, noi o Bergoglio?
Il ddl è poi pieno di imprecisioni e di contraddizioni.
I due deputati prima dicono che l’obiezione di coscienza “consiste nel rifiuto di conformarsi a un obbligo giuridico che la coscienza individuale ritiene ingiusto, in forza di una norma interiore sentita come più vincolante della legge. Essa presuppone, dunque, il conflitto tra i doveri contrapposti previsti dalla norma esterna e da quella interiore”, e fin qui tutto bene. Poi però pretendono di trasformare questo rifiuto in un privilegio, protetto dalla legge (se la legge mi permette di fare obiezione è ancora propriamente obiezione?).
I due deputati cadono in una delle trappole più banali: “Il rifiuto di praticare l’aborto e l’eutanasia è riconducibile al giuramento ippocratico, che ha fondato sul precetto del non uccidere il patto di fiducia che lega il medico al suo paziente”.
Peccato che la medicina al tempo di Ippocrate fosse ferocemente paternalistica, e che il giuramento prevedesse anche la condanna di pratiche che oggi riteniamo ammissibili.
Se usiamo il giuramento a garanzia delle nostre scelte, dovremmo accettarlo interamente e non solo nelle parti che ci fanno comodo.
“Non opererò coloro che soffrono del male della pietra”, s’impegnava il medico ippocratico. Cioè i calcoli.
Attualmente è illegale per i farmacisti rifiutarsi di vendere un farmaco prescritto da un medico
Dopo qualche riga i proponenti sembrano contraddirsi anche rispetto alla precedente definizione: “L’OdC (obiezione di coscienza) non rappresenta un atteggiamento di disobbedienza all’autorità legittima o all’ordinamento giuridico, ma piuttosto una difesa della coscienza del singolo quando il diritto positivo e le istituzioni mettono in discussione i diritti naturali, primo tra i quali il diritto alla vita. L’OdC non costituisce una benevola concessione da parte di uno Stato fonte di ogni diritto, bensì un diritto che, al pari del diritto alla vita, uno Stato democratico, se vuole distinguersi dai regimi autoritari, può soltanto riconoscere”.
Ma, a parte il significato genuino dell’obiezione di coscienza e le eventuali incoerenze in agguato, Gigli e Sberna dimenticano che le farmacie hanno il monopolio.
Dimenticano l’intrusione inammissibile tra il medico e il paziente che provocherebbe una legge del genere.
Dimenticano, come tanti, di ricordare che la coscienza non ce l’hanno solo i medici e che questa ossessione di voler concedere loro privilegi e scuse per sottrarsi a obblighi professionali – di una professione che nessuno li ha obbligati a scegliere – somiglia a un capriccio.
Volendo essere ottimisti, si potrebbe rilevare che la necessità di un ddl apposito sottolinei – pare che ce ne sia bisogno – che è attualmente illegale per i farmacisti rifiutarsi di vendere un farmaco prescritto da un medico.
Andrebbe anche forse ricordato che l’effetto abortivo si ottiene anche ingollando più pillole di normali anticoncezionali e non solo di Norlevo (o di altri contraccettivi d’emergenza commercializzati con quell’indicazione), quindi come si dovrebbe regolare un farmacista davvero coscienzioso? Dovrebbe forse rifiutare di vendere anche gli anticoncezionali perché qualcuna potrebbe usarli per scopi “mortali”?
Infine, per essere davvero ridondanti, che la cosiddetta pillola del giorno dopo sia contraccettiva e non abortiva lo dicono le associazioni scientifiche (ma c’è sempre qualcuno che protesta o non si fida della scienza).
Nel frattempo, augurandoci che questa assurda legge si fermi qui, se qualcuno si rifiuta di vendervi un farmaco per cui avete una prescrizione denunciatelo e chiamate i carabinieri. Gigli e Sberna, implicitamente, ammettono che è un vostro diritto.
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