Nel meraviglioso mondo dell’industria culturale italiana c’è gente che non percepisce stipendio da agosto, gente che non percepisce stipendio da maggio, gente che quest’anno deve pagare un anticipo di tasse che è maggiore del reddito che ha percepito, gente che lavora a partita iva e che non le entra un lavoro da marzo e sono tre anni che è convinta di chiudere la partita iva ma non ha i soldi per farlo né per pagare gli arretrati all’amico commercialista, gente che lavora con il pubblico per istituzioni che sono commissariate, in fallimento, in crisi nera, gente che si versa da sola i contributi per diventare pubblicista, gente che continua a pagare l’ordine dei giornalisti e non scrive pezzi pagati da due anni e mezzo.
C’è gente iscritta a un dottorato senza borsa che fa la cameriera nei night a venticinque euro in nero a sera, gente che ha messo i soldi per autofinanziare un festival di teatro e ha scoperto che non le arriveranno i contributi pubblici e adesso non sa come pagare chi ci ha lavorato, gente che ha lavorato per tre mesi a quel festival di teatro, gente a cui rinnovano il contratto di collaborazione per dodici volte di seguito facendola stare a casa tre mesi tra un contratto e l’altro altrimenti dovrebbero assumerla a tempo indeterminato e poi paga il pizzo “di legge” all’avvocato per fare la causa per l’assunzione, gente che si sveglia alle due e mezzo di notte tutti i giorni per fare le scansioni in ocr dei giornali per le rassegne stampa a trenta euro al mese, gente che si affitta la casa della nonna e poi fa interviste agli scrittori australiani dal wifi dell’amico che da sei mesi la ospita sul divano di casa sua.
Trecentocinquanta euro al mese
C’è gente che l’unica vita sociale che ha sono le presentazioni, gente che l’unica attività che ha è scrivere dei raccontini da mandare a una casa editrice che poi le chiede di comprare cento copie del suo libro, gente che ogni anno senza alcun compenso tiene tre corsi universitari, fa cinquecento esami e segue una ventina di tesi di laurea e mette voti bassi giusto per ripicca, gente con un dottorato e un master nella scuola librai che lavora per proprietari di librerie semianalfabeti che intanto discettano sulle politiche culturali del territorio, gente per cui l’unico modo di avere un riconoscimento professionale è googlare il proprio nome, gente che possedeva una casa editrice di saggistica universitaria che ha chiuso l’anno scorso con trentamila euro di debiti e adesso scrive fantasy per teenager sperando di svoltare, gente che deve rispondere di sì ai colloqui di lavoro quando le chiedono se sa scrivere fluentemente in inglese e in francese e deve rispondere di sì agli stessi colloqui di lavoro quando le chiedono se le sta bene un contratto da 350 euro al mese ma senza buoni pasto, gente che organizza i festival in periferia rivendendosi le collane d’oro che le aveva comprato la zia per la cresima.
C’è gente che torna a vivere dalla madre ma la sera deve tornare dopo le due perché la madre vuole un po’ di privacy
C’è gente che prova a entrare nel mondo della scuola, a entrare nel mondo della pubblicità, a smettere con il mondo della scuola, a uscire dal mondo della pubblicità, a trasferirsi da Roma a Milano, a trasferirsi da Milano a Roma, gente che torna a vivere a casa della madre ma la sera deve tornare dopo le due perché la madre vuole un po’ di privacy con il suo nuovo uomo, gente che chiede al figlio quindicenne di accompagnarla a Londra a Natale per darle una mano nei colloqui di lavoro, che vuole aprire un caffè letterario sperando nei contributi del municipio che nel frattempo è stato accorpato a un altro e quindi non ha più una giunta, gente che chiede i soldi ai genitori per pagare l’avvocato del lavoro squalo contro il quale inveiva alle cene di Natale solo un paio di anni fa.
C’è gente che controlla compulsivamente il sito dell’Inps per simulare la pensione e le esce sempre 230 euro, gente che l’unico reddito che mette insieme da quattro mesi sono il ricavato dei libri che ancora le arrivano in omaggio dalle case editrici e che – quando non sono con la dedica – rivende a Libraccio al 20 per cento, gente che manda il curriculum ai ragazzi che hanno frequentato il corso di comunicazione che ha tenuto un anno fa, gente che stampa i manifestini per le ripetizioni e li va ad attaccare davanti ai licei, strappa quelli degli universitari, e la notte si rimette a ripassare la grammatica greca, e tutta questa gente non pensa mai – mai, mai – a sindacalizzarsi, a mandare a fanculo chi si occupa di politica culturale nelle decine, centinaia di conferenze stampa, dibattiti, convegni in cui si presentano i festival, i programmi culturali, il nuovo splendido mondo creativo che verrà.
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