1. Hieroglyphic Being, The disco’s of Imhotep
Non capita spesso di leggere la recensione sul Financial Times di un album che mescola house di Chicago, afrofuturismo, antico Egitto e improvvisazioni cosmic jazz. Quando succede conviene ascoltare. Io l’ho fatto e ho trovato in The disco’s of Imhotep uno degli album di elettronica più potenti dell’anno.

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2. Billie Ray Martin, The soul tapes
Billie Ray Martin è una pioniera della dance anni novanta: con gli Electribe 101 ha aperto il Violator tour dei Depeche Mode, ha cantato con gli S Express e ha avuto una megahit pop dance nel 1994. Nel 2016, grazie a un crowdfunding su Pledgemusic ha realizzato un sogno: fare un classico album soul e rhythm and blues come usava nei primi anni settanta. Il risultato è un lavoro viscerale e senza tempo, sospeso tra vintage soul e postmodernismo.

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3) Palazzo, Prima
Diego Palazzo fa parte della band milanese degli Egokid e collabora da tempo con i Baustelle. Con questo suo progetto solista di cantautorato elettronico ha realizzato un piccolo capolavoro di sobrietà e di intimismo. Uno dei dischi italiani più coesi e sorprendenti usciti quest’anno.

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4) Carla Dal Forno, You know what it’s like
L’australiana Carla Dal Forno fa una musica difficilmente catalogabile. I riferimenti alla gothic wave sono evidenti ma You know what is like è tutto tranne che un lavoro nostalgico o derivativo. Ha qualcosa di imponente nella sua asciuttezza e nella sua estetica severa che lo rende una specie di rituale in cui immergersi lentamente. Richiede più di un ascolto.

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5) Imarhan, Imahran
Il miglior album pop rock che abbia sentito nel 2016 arriva dal’Algeria. Riff irresistibili, melodie accattivanti e ritmi panafricani. Nulla di particolarmente nuovo ma tutto è confezionato talmente bene che è naturale tornarci e ritornarci. Una menzione particolare a questo remix berlinese di uno dei loro singoli.

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6) Ricardo Dias Gomes, -11
Ricardo è un giovane polistrumentista e compositore brasiliano, già nella band di Caetano Veloso. -11 è un album di folk tropicale psichedelico assolutamente originale e diverso da qualunque altro disco, brasiliano e non, che possiate avere sentito quest’anno. E questo viaggio vi costa solo un offerta libera su Bandcamp.

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7) D∆WN, Redemption
In molte liste dei migliori album del 2016 compaiono Lemonade di Beyoncé, A seat at the table di Solange e The Life of Pablo di Kanye West. Cosa succede se arriva un’artista che riesce a essere Beyoncé, Solange e Kanye in un colpo solo? D∆WN ha messo insieme l’album r&b del futuro, con riferimenti alla trap, all’edm, al soul più barocco e orchestrale e alla tradizione musicale della sua città, New Orleans. Beyoncé forse suonerà così tra un paio d’anni.

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8) Frankie Reyes, Boleros valses y mas
Il produttore dance di Los Angeles Frankie Reyes (noto anche come GB, Gifted & Blessed), ha fatto il disco più strano e stranamente irresistibile dell’anno. Una raccolta di classici della musica popolare sudamericana (boleri, valzer e cha cha cha) risuonati solo con un sintetizzatore Oberheim. Il risultato è straniante, minimale, a volte solo kitsch. Ma il merito Reyes è quello di farci entrare nell’essenza di questa musica che crediamo così ovvia (a volta sembra di essere su una nave da crociera per Playmobil) da un ingresso secondario a cui in avevamo mai pensato.

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9) Crooked Man, Crooked Man
Il veterano dj e produttore britannico Richard Barratt si è lanciato in un album sorprendente nel suo apparente conservatorismo. La sua idea? Adattare gli stilemi della house music alla forma canzone più tradizionale. Se vi sembra facile provate voi a rimanere così in equilibrio tra una tradizione consolidata e la sua dissoluzione, tra il vintage e la totale assenza di nostalgia. Barrett passa dall’ambient house al dub, dal northern soul destrutturato all’electro pop. Tutto armato della consapevolezza di chi c’era e si è vissuto ogni fase di quella che, per mancanza di termini più adatti, chiamiamo dance music.

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10) Soft Hair, Soft Hair
Connan Mockasin e LA Priest sono una strana coppia. Visivamente sono in una zona grigia tra David Bowie e Iggy Pop e Frida e Agnetha degli Abba, solo con capelli molto più soffici e splendenti. I due poi abitano un mondo che sembra la casetta dei Teletubbies dopo un cataclisma. Fanno un pop funk elettronico a volte insinuante e sexy e a volte ironico e sgangherato. Non si riesce neanche bene a capire se stiano tentando di lanciare un messaggio anti-machismo o se siano solo due pazzoidi. Uniche certezze, oltre ai capelli, le canzoni che sono sorprendentemente solide.

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