C’è un Expo che non si chiama Expo e non ha niente a che fare con l’alimentazione, ma funziona piuttosto bene. È il Primavera sound di Barcellona, ormai uno dei festival più importanti del mondo. Una vera esposizione universale della musica leggera, tanto affollata quanto rilassata. Lo si intuisce già da quando si superano i tornelli all’entrata del Parc del Fòrum, il grande spazio polifunzionale a sei chilometri dal centro storico di Barcellona che ospita il festival. Non si incontrano code chilometriche né si vedono litigi tra gli steward e gli spettatori.

L’esibizione dei Replacements, il 28 maggio 2015. (Eric Pamies)

L’anno scorso nei tre giorni al festival sono venuti più di 190mila spettatori e quest’anno, secondo quello che dicono gli organizzatori, saranno ancora di più. Lo spazio che ospita i concerti, con vista sul mar Mediterraneo, è enorme. Gli undici palchi sono abbastanza vicini (in 15-20 minuti si gira tutta l’area) e, tra un palco e l’altro, ci sono stand per mangiare e bere, bagni e gli onnipresenti stand della Heineken, uno degli sponsor principali della manifestazione. I concerti cominciano sempre in perfetto orario. Risultato: nessuna confusione, grande rilassatezza generale.

Il mio primo impatto con il Primavera sound, in realtà, è stato l’unico piccolo esempio di inefficienza dell’intera giornata: il concerto di Panda Bear all’auditorium Rockdelux. Per entrare si dovevano fare due file: una per prendere il biglietto, tre ore prima dell’inizio, e l’altra per entrare. La gente era talmente tanta però che le file sono saltate e diverse persone, me compreso, sono entrate a concerto iniziato. Nonostante l’attesa e la parziale frustrazione, una volta entrati siamo stati ripagati con gli interessi.

La performance di Panda Bear, musicista del geniale collettivo newyorchese Animal Collective, era una cosa del genere.

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I pezzi dell’ultimo album del musicista statunitense, Panda Bear meets the grim reaper, funzionano molto bene dal vivo e l’effetto straniante dei video proiettati sullo sfondo non fa che aumentare la loro carica psichedelica. Il Primavera sound non poteva cominciare meglio.

Tra le piacevoli sorprese di questa prima giornata va citato Benjamin Booker, chitarrista e cantante di New Orleans che quest’anno ha pubblicato il suo album d’esordio. Il suo set all’Heineken stage è stato una dimostrazione di forza: Booker padroneggia blues, rock e soul con un’ottima personalità per avere solo 26 anni. A tratti è ancora acerbo, ma ha numeri importanti. Non a caso lo sponsorizza Jack White.

Qui sotto, finché non lo tolgono da YouTube, c’è il video della sua esibizione di ieri.

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Sempre bravi, ma forse un po’ fuori contesto, i Replacements di Paul Westerberg, che hanno suonato alle nove sul palco principale, che si chiama Primavera. Decisamente meglio invece gli Spiritualized, band inglese guidata dal visionario Jason Pierce. Il loro rock psichedelico, sempre più intriso di religiosità e influenze quasi gospel, non perde fascino nonostante il passare degli anni.

Il primo giorno del Primavera è stato anche quello del ritorno dei Black Keys, dopo cinque mesi di assenza forzata a causa dell’infortunio alla spalla del batterista Patrick Carney. La band di Akron, come al solito sorretta dal talento del chitarrista e cantante Dan Auerbach, ha fatto un concerto di tutto rispetto, suonando i pezzi forti del suo repertorio. La sensazione però è che il nuovo corso del gruppo, che si comporta sempre più come una classica band rock e tiene a bada la sua indole garage, tolga un po’ di forza e originalità al risultato finale. Non a caso il momento migliore dello show è stato I got mine, un brano vecchio suonato in duo, chitarra e batteria.

Tra le performance notturne, quasi di tutte di musica elettronica, spicca quella degli inglesi Jungle, che hanno messo in piedi uno show molto patinato, ma tutto sommato divertente.

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Stasera tocca, tra gli altri, a Ride, Alt-J e New Pornographers. L’Expo della musica continua.

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