Al centro di Trafalgar square, di fronte alla National gallery di Londra, c’è la colonna di Nelson. Fu costruita nel 1840 per commemorare Horatio Nelson, ammiraglio britannico ucciso il 21 ottobre 1805 nella battaglia di Trafalgar. La notizia della sua morte uscì in prima pagina sul Times il 6 novembre, quindici giorni dopo. Oggi avremmo ricevuto la notizia in pochi minuti, forse secondi, raccontava qualche settimana fa Alan Rusbridger, ex direttore del Guardian, a un gruppetto di studenti.

Senza nessun rimpianto o nostalgia per un passato in cui le notizie importanti impiegavano quindici giorni ad arrivare, c’è da notare però che l’accelerazione esasperata di oggi rende difficile prendere le distanze dagli eventi per vederli in prospettiva, per tentare di ricostruirne il senso, unire i puntini per capire quale disegno emerge, e impiegare il tempo necessario per leggere, verificare, approfondire, fare tutte le domande che servono. È difficile, e forse perfino sbagliato, resistere alla tentazione di usare gli strumenti che abbiamo a disposizione per informare tempestivamente il maggior numero possibile di persone, ma dobbiamo anche essere consapevoli dei limiti e dei rischi, e cercare di prendere ogni precauzione, per esempio privilegiando sempre la qualità e mai la quantità, l’accuratezza e non la velocità.

La rapidità stordente con cui passiamo da una breaking news all’altra, oltre a depositare strati successivi di angoscia e a restituirci un mondo apparentemente senza senso, lascia una scia di imprecisioni, di inesattezze, di notizie incomplete che poi si rivelano scorrette quando non semplicemente false. Notizie che successivamente nessuno si prende la briga di correggere o di completare e che però contribuiscono a formare la nostra idea di cosa succede nel mondo, condizionando le nostre scelte e inquinando le nostre decisioni.

“Dobbiamo cercare di non essere indifferenti all’emozione generale e, soprattutto, alla sofferenza delle famiglie, ma dobbiamo anche mantenere salda la barra della ragione, dell’analisi e dell’inchiesta”, ha scritto Edwy Plenel su Mediapart subito dopo la strage di Nizza. Plenel prendeva spunto da un editoriale dello scrittore Albert Camus, uscito l’8 settembre del 1944 sul quotidiano francese Combat e intitolato “Giornalismo critico”: “Si cerca di informare presto invece di informare bene. Ma la verità non ci guadagna”.

Questo articolo è stato pubblicato il 22 luglio 2016 a pagina 5 di Internazionale, con il titolo “Senso”. Compra questo numero| Abbonati

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