Farhad Khosrokhavar, Prisons de France
Robert Laffont, 676 pagine, 23,50 euro
La prigione è sempre più presente nelle nostre società. Negli ultimi decenni in Francia, negli Stati Uniti e altrove, il numero di detenuti è nettamente aumentato e con esso la durata delle detenzioni. E i crimini violenti come gli omicidi volontari e gli stupri non sono diminuiti. È il segno che il ruolo sempre più importante che viene dato al carcere per risolvere questioni sociali come la droga o l’immigrazione è un problema politico. Secondo alcuni, addirittura, la crisi dello stato sociale ha prodotto uno stato penale che cerca di eliminare la miseria criminalizzandola.
Certamente c’è bisogno di capire cosa sta succedendo nelle prigioni. Quest’inchiesta condotta in quattro carceri francesi ci permette di farlo. Basata su un grande numero di interviste, Prisons de France cerca di fare il punto sulle relazioni tra carcerati e carcerieri, sul modo in cui la prigione ridefinisce al suo interno i gruppi sociali (in primo luogo rovesciando i rapporti di forza tra maggioranze e minoranze rispetto al mondo di fuori), sugli effetti della prigionia sulla mente degli individui. Si tratta di effetti devastanti, la cui gravità è proporzionale alla durata della pena, che raramente erano stati descritti in modo così chiaro e che oggi, non c’è da sorprendersi, catalizzano anche i processi di radicalizzazione politica o religiosa.
Questa rubrica è stata pubblicata l’8 dicembre 2016 a pagina 96 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati
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