Ludmila Ulitskaya, Una storia russa
Bompiani, 644 pagine, 21,25 euro

Questo grande romanzo uscito in Russia nel 2010 è anche un libro di storia, che parte dal giorno della morte di Stalin, 1953, e arriva alle soglie dell’oggi per terminare nella notte “in cui il poeta morì” (Brodskij, 1996). Tre ragazzi, molto diversi tra loro, crescono a Mosca e le loro vite si mescolano a quelle di cento altri personaggi, vecchi e giovani, che cercano una faticosa sopravvivenza senza rinunciare agli obblighi della verità e della memoria e alla bellezza della poesia.

Ulitskaya, che abbiamo conosciuto come erede di Čechov e cantatrice della “piccola gente” sul fondo della storia, racconta quasi cinquant’anni di vita sovietica attraverso le vicende di intellettuali comuni costretti a subire tutte le ipocrisie, le violenze e le censure di un regime, tutte le oppressioni di uno stato poliziesco, ma guidati dalla volontà di capire e di dire, di non subire le logiche della menzogna, nel continuo richiamo alla storia della grande cultura, delle difficoltà di chi è vissuto prima di loro.

Ogni tanto capita di perdersi in questo grande flusso narrativo zeppo di piccole vicende sullo sfondo delle grandi. Dove la resistenza intellettuale è di per sé nemica del potere, la cultura conta ed è o di dominio o di opposizione: storie che si accavallano su altre storie, complesse e trascinanti.

_Questa rubrica è stata pubblicata il 19 febbraio 2016 a pagina 86 di Internazionale, con il titolo “Un intricato affresco sovietico__”._ Compra questo numero _|_ Abbonati

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